Welcome - Mara Latorre
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Postato da: zaphod
- Progetto Foto-Terapia - # 2
- Occhi da donna - Pier Angelo Consoli
- Non mi piace la minestra riscaldata - Nicoletta Berliri
- L’eccezione - Maria Borgna
- L’uomo che rideva - Faust Cornelius Mob
- Modello 6 - Luca Baldini
- Ultimo giro - Simona Duranti
- L’orco Gino - Edoardo Micati
- La giostra delle G - Elisabetta Puppo
- Fuitina - Carla Faricelli
- Il cuore è matto - Giuliana Botturi
- Il trottolaio - Matteo Cordella
- Gita al luna park - Ludovica Mazzuccato
- Aperto solo di domenica - Gabriele Santoni
- Fotografia dell’invisibile - Alberto Volpi
- Sincerità - Er cavaliere nero
- Un ricordo (in)delebile - Stefano Cardinali
- Studio 69 - Gianmarco Lodi
- Il gabbiotto della giostrina - Graziano Leoni
- Welcome - Mara Latorre
- Confine - Marco Ferrari
- L’assenza - Roberto Urios Parrelli
- Da Manuela a Silvia, a pensami - Luigi Brasili
- La notte che Salvatore - Bruno Di Marco
- Una visione (in)vendibile - Gobig Onego
- La giostra - Daniela Rindi
- Scatti dell’anima - Stefano Carbini
- Foto terapia 2 - Marcello De Santis
Quando partì il pullman,era una mattina di metà Settembre, mite e limpida. Nella fila di mezzo,attaccata al finestrino con la custodia del violino stretta in braccio come un neonato,c’era una ragazza in viaggio verso la sua unica meta: l’infanzia. Giovanissima, appena uscita dal conservatorio,tratti somatici mediterranei con grandi occhi scuri,un visino delicato e un colorito color carta.
Giada, da poco maggiorenne,non aveva più vincoli legali con la famiglia adottiva, per questo scelse definitivamente di lasciarla e realizzare il suo sogno: rivedere il suo vero padre.
Angelo fu costretto ad affidarla ad una nuova famiglia per garantirle un futuro. Degli investimenti errati e il dramma della moglie lo condussero sul lastrico. Per questo dovette rinunciare al suo tesoro più prezioso: Giada.Quel giorno vedendola allontanarsi scoppiò a piangere come un bambino. Non potendola andare a trovare le scriveva ogni settimana nel suo nuovo recapito,ma non ebbe mai risposta.
La nuova famiglia di Giada,temendo che egli potesse influenzarla, fece in modo che non leggesse neanche una delle numerosissime lettere.
Giada arrivò in pieno pomeriggio,c’era un aria tiepida e tanto silenzio che faceva presupporre che fosse un paese spopolato,ma lei non ci badò.
Scese dal pullman, si sentiva spaesata ma il ricordo dei momenti più felici della sua infanzia non si erano mai spenti,riconobbe subito un’antica chiesa dove lei insieme al suo papà seguivano la messa tutte le domeniche mattine.Due isolati più avanti ritrovò il parco e lì si fermò: sognò suo padre ad occhi aperti. Rivide la grande mongolfiera posta all’entrata principale con un “Welcome”stampato a caratteri festosi e numerose luci illuminavano il viale dell’ingresso. Lei si felicitò del fatto che quella mongolfiera fosse ancora lì. Era come se gli stesse dicendo che la sua infanzia dopo tutto non era perduta. Non ancora.
Al parco era tutto come un tempo. Era un giorno tranquillo,poca gente in giro e la solita atmosfera familiare. Il calore dei sorrisi,le affinità delle giovani coppie e i passi lenti degli anziani.
D’un tratto le luci colorate della giostra centrale si accesero ed essa iniziò a girare. La magia che aveva portato nel cuore in tutti quegli anni riapparve come per miracolo.Si guardò intorno sperando di incrociare gli occhi di Angelo,sebbene avesse un immagine sfocata di esso,fissava ogni singolo passante. Non ebbe modo di distinguere nessuna figura che potesse somigliarle, pensò che sarebbe cambiato nel corso degli anni,che fosse un po’invecchiato, ma era certa di rivedere la sua gioia per la vita e il suo sorriso sempre acceso.
Si sedette nello stesso posto in cui il giorno del suo 5° compleanno suo padre riuscì a scattarle l’unica foto ricordo di quegli anni, la piccola mano reggeva il carillon che le aveva regalato.
Ammirava la ruota panoramica e i bambini rincorrersi felici. Amava quell’incantevole posto,la faceva sentire serena e la rappacificava con il mondo.
Sembrava che il tempo si fosse fermato. Vide un giovane ragazzo sistemare nella propria valigetta i suoi spartiti. Capì subito che si trattava di un musicista. “ecco un fratello” esclamò dentro di sé. Così amava definirli i suoi colleghi. Si alzò,si avvicinò presentandosi e tirò fuori dalla sua custodia il violino. Lo sistemò tra la spalla e il mento,posizionò l’archetto e iniziò a suonare. Era esattamente la stessa melodia che emetteva il carillon della foto.