L’assenza - Roberto Urios Parrelli
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Postato da: zaphod
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a L, per sempre
Ti cerco.
Quel viaggio insieme, da soli.
In tanti anni non ho certo dimenticato. Non potrei.
Di Nizza ricordavo poco e ci sono tornato, più avanti negli anni.
Da solo, per non alterare le tracce, i passi su Avenue Jean Médecin affollata già di ricordi. I ciottoli bianchi sulla riva, smossi da una spuma incessante e vivace.
La patisserie o i formaggi della regione. La giostra ferma, silente, solitaria in un’aria di vento. Pulita.
Concatenazione di memorie. C’eri. Facemmo insieme un’esperienza dolce, inattesa.
Una brezza con l’odore del mare. Una giornata di nubi grigie.
Ci sarà stato qualche gabbiano solitario sulla promenade.
Chiedemmo la via a una donna col cappotto rosso chiaro, e un piccolo collo di pelliccia.
Sorrise con grazia e ci indicò una piazza più avanti.
In un angolo della città, la giostra, appesantita dal tempo e dalla ruggine ingrata.
Avrei voluto saltarci sopra, anche se non ero più un bambino.
Mi sorridesti. Non c’era bisogno di parlare.
E lessi nei tuoi occhi magnifici lo stesso desiderio.
Vidi un velo di ruggine e d’abbandono, e il cigolio delle catene.
Una carta trascinata dal vento, polvere.
Non te l’ho mai detto. Non l’ho mai scritto.
Il mio amore per te cresce col tempo.
Una città viva, l’aria della Côte, e poi d’improvviso i restaurant dai sapori italiani. Peppino, da Ciro, Salvatore.
Un angolo, immobile, col fascino d’un tempo.
Un senso di vuoto, come adesso.
Una vertigine.
Allora non avevo parole per descrivere.
In ogni caso quelle parole si sarebbero conservate dentro di me insieme alle sensazioni.
Sarei tornato, per vedere i Matisse, Chagall. Non c’eri già più. Ti ricordo così, in una giornata non radiosa, nello stesso silenzio che ora mi accompagna e scandisce il ritmo delle mie lacrime assenti.
Poi ci fermammo in un giardino. Ne ricordo la simmetria decadente, con la panchina in direzione del mare. Odore, onde, rumori.
Chissà se avevo già il pacchettino con le paste sulle ginocchia. Il trofeo da riportare in Italia. Semplicità degli anni ’70. Una carta rosa, e il nastrino bianco.
Ho ritrovato, anni dopo, quel giardino. La stessa panchina. Volto verso il Mediterraneo, mi sono seduto. Ho respirato il tempo. Cos’altro avrei potuto?
È per te che amo questa città. Solo ora lo scopro con un sottile irreversibile piacere.
Per il caso creato di esserci stati insieme. Il mio primo passo all’estero. Ricordo l’aria di quei momenti. Così sottile da essere troppo eccitante.
Non dirsi nulla, noi due alla scoperta, insieme, di un mondo nuovo. Legati, fusi per sempre.
E la giostra non poteva apparirmi triste perché c’eri tu accanto a me.
Proprio oggi compiresti novant’anni. Forse potrei non riconoscerti se il tempo non si fosse spezzato.
Allungo una mano per cercarti.
Ci sei.