[secondo appuntamento con la rubrica 'La Striscia, del fumetto e di altre vie del fantastico', curata da Stefano Tevini per il sito AnonimaScrittori.it. Questa volta è il turno di Shooting War.]

Riprendendo il filo da dove lo avevamo lasciato la scorsa puntata, parlerò di un altro fumetto che fa dell’esplorazione di scenari alternativi il mezzo per analizzare la nostra realtà attuale.
Nato come web comic pubblicato periodicamente in rete, Shooting War di Anthony Lappè e Dan Goldman ha avuto un’eco tale da dare origine a un’edizione cartacea e a una candidatura ai più prestigiosi premi dedicati ai fumetti : gli Eisner Award edizione 2006.
Ambientato in un 2011 che ha visto Mc Cain vincere le elezioni presidenziali americane di tre anni prima, il volume racconta di Jimmy Burns, un giornalista web seguitissimo su internet che, trovatosi per caso a riprendere un attentato dinamitardo nel proprio quartiere trasmettendolo in streaming sul proprio sito, si ritrova ingaggiato da un’emittente televisiva come corrispondente dal fronte in un Iraq in cui l’escalation di violenza ha raggiunto livelli insostenibili grazie anche alla politica del muro contro muro delle fazioni in campo.
Shooting War è un’opera sul giornalismo e sul ruolo che esso svolge nella nostra società. Quel che viene chiesto al protagonista non è di informare e basta, Jimmy Burns è chiamato a restituire contorni chiari a una situazione che non ne ha per nulla. I contorni richiesti dal committente, ça va sans dire. Lavoro non semplice, quello di fornire non tanto la realtà dei fatti quanto una versione  di essi “digeribile” dall’opinione pubblica e avvalorata dal fatto di venir fuori dalla tastiera di un giornalista venduto come controverso e non allineato, lavoro che un movimento di guerriglia islamica pensa di far proprio tentando di utilizzare Burns per diffondere il proprio materiale e la propria versione dei fatti.
Ancora una volta, niente buoni e niente cattivi, niente bianco e niente nero, solo l’ocra della polvere impastato con il rosso del sangue di chi finisce nel fuoco incrociato di fazioni che curano il proprio interesse, o che portano avanti la propria visione del mondo, incuranti del fatto di star costruendo il proprio edificio su fondamenta di carne maciullata. Sì, perché ancora una volta la vita altrui è rilevante nella misura in cui è utile per raggiungere il proprio scopo, senza riguardi per nessuno, al punto che un guerrigliero islamico confessa al protagonista di aver avuto occasione di uccidere Bush Jr. e di non averlo fatto prevedendo l’escalation a cui avrebbe portato la sua politica. Il ruolo del giornalista viene, di fatto, degradato a quello di addetto alle pubbliche relazioni.
Al di là dell’aspetto contenutistico, leggendo Shooting War appare evidente quello che costituisce allo stesso tempo il punto di forza in termini di marketing e la debolezza stilistica dell’opera : l’intenzione degli autori di rendere il proprio lavoro attuale, nuovo e “fresco”.
Se, infatti, la scelta di pubblicare il fumetto prima delle elezioni presidenziali ha contribuito a creare l’hype che sta alla base del successo di quest’opera, i fondali realizzati al computer nel tentativo di ricreare l’effetto visivo della ripresa digitale male si amalgamano con le parti disegnate tradizionalmente con un segno grafico che, dal canto suo, avrebbe potuto essere realizzato con maggior cura finendo per penalizzare il buon lavoro svolto dallo sceneggiatore senza, tuttavia, impedirgli di dar vita a un titolo godibile e interessante.

Volume recensito :

Anthony Lappè e Dan Goldman, Shooting War, ISBN Edizioni, 2008, 192 pp., € 27,00

Sito ufficiale: www.shootingwar.com