Enucleare il nucleare - A proposito di referendum
Categoria: Interpretazioni
Postato da: zaphod
[Dal blog Stazione Zero di Francesco Moriconi pubblichiamo uno degli approfondimenti più completi e obiettivi che ci sia capitato di leggere in questo periodo di slogan urlati e disinformazione galoppante. Cosa più importante di tutte: non ha la pretesa di fornire una risposta, ma fornisce gli elementi per orizzontarsi nella questione]
1) IL TECNICO
Dunque le domande di energia per la vita e lo sviluppo di un paese sono attualmente soddisfatte con i metodi che l’uomo conosce: in Italia combustibili fossili (in particolare gas naturale i.e. metano, carbone e derivati del petrolio).
Senza fronzoli descrittivi possiamo dire che usiamo i metodi più inquinanti per l’energia di base trascurando da molto tempo quello che nei limiti di un corretto regime di funzionamento risulta il più ecologico (nucleare = zero emissioni nell’ambiente però 5-6 m3 l’anno di scorie radioattive).
In più, se volete anche divertirvi (ma non c’è da ridere), a questo linkhttp://www.archivionucleare.com/index.php/2011/05/31/probabilita-supernenalotto-fusione-nocciolo/#more-841 potete leggere come sia assai più probabile fare sei al superenalotto che vedere il danno irreparabile di un reattore nucleare.
Calma.
Sono contro il nucleare in Italia. Ma non è la paura che determina la mia opinione, né le argomentazioni catastrofiste e prive di dati scientifici della maggioranza degli antinuclearisti.
In Italia è impossibile tornare al nucleare per una serie di ragioni che non hanno minimamente a che fare col funzionamento delle centrali:
SCORIE
Nel 2003 la presidenza del Consiglio dei Ministri aveva dichiarato lo stato di emergenza in Lazio, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Piemonte considerata l’ineludibile esigenza di assumere iniziative straordinarie e urgenti volte a realizzare lo smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sui loro territori. L’impegno era di risolvere la questione entro quell’anno. Il problema è tuttora senza soluzione. Io mi dovrei fidare di chi (avendo il bastone del comando di ogni colore da trent’anni) non è stato in grado di trovare una concreta soluzione per le scorie accumulate in passato? No, grazie. Rimanga inetto per favore senza il mio assenso.
Il Parlamento Europeo inoltre lascia autonomia agli Stati sul tema della sicurezza e dello smaltimento, nella più totale assenza di una linea comune, come se non volesse decidere. Motivo in più per evitare il nucleare (in queste condizioni) come la peste. In più i fondi europei sono misteriosamente incanalati sullo studio dei metodi per arrivare alla fusione nucleare (attualmente una chimera) piuttosto che su un più realistico quanto necessario sistema per lo smaltimento sicuro delle scorie radioattive. Al giorno d’oggi le scorie cosiddette a bassa attività vengono poste in depositi di calcestruzzo armato, in superficie o a bassa profondità, senza alcuna garanzia perché la loro “vita breve” è comunque di alcuni secoli e quella del calcestruzzo senza dovute manutenzioni è tutta da dimostrare (è ovvio che si attende un miglioramento delle tecniche di smaltimento, di là da venire). Le scorie ad alta attività (a “vita lunga” cioè migliaia di anni) devono essere poste, dopo la vetrificazione, a chilometri sotto terra, in strati geologici non in contatto con le falde etc. Un deposito siffatto costa miliardi di euro insostenibili per i quantitativi tutto sommato limitati di scorie (specie se a investire sono i privati).
PREPARAZIONE SCIENTIFICA E RICERCA
Ll’opinione dei tecnici competenti è tenuta in scarsa considerazione. Sarebbero faziosi. Tolti i competenti però rimangono gli incompetenti. Ergo io non mi fido di una generazione che ha chiuso la baracca della ricerca sul nucleare venticinque anni fa, disperso e “riqualificato” i centri di eccellenza di quella ricerca (vedi ENEA ad es.), eliminato gli ingegneri nucleari. Chi dovrebbe guidare ora le nostre scelte energetiche? Chicco Testa? Sarà un bravissimo manager ma tecnicamente non so…
Rifondare la ricerca e la qualificazione di tecnici preparati (a meno di non voler creare una definitiva dipendenza dall’estero) richiederebbe almeno il tempo che ci è voluto a dismetterla ma, vista l’inettitudine della nostra classe politica preventiviamo almeno il doppio. Col sapere delegittimato è la totale paralisi, visto che chiunque può indire una campagna “contro”. L’altra sera a Ottoemezzo era veramente stucchevole sentire un professore universitario chiedere cortesemente di elencare centrali alternative a quelle conosciute per produrre energia di base e sentire rispondere dalla presidentessa dei verdi europei “Lei le conosce meglio di me”. Ci sono o non ci sono? (il primo che tira fuori l’eolico adesso lo aspetto sotto casa).
Se consideriamo poi che il presidente del CNR, Roberto de Mattei è uno che va dicendo che il terremoto in Giappone è una punizione di Dio e che l’impero romano è caduto per colpa degli omosessuali devo dire che votare Sì sarebbe l’unica speranza di non peggiorare le cose. Di chi ci dobbiamo fidare?
PIANIFICAZIONE E MERCATO
Che tipo di consultazione si pensa di poter fare? Intanto il governo non ha esposto un piano unitario (non è in grado). Si grida alla necessità di energia quando tutti i calcoli (persino quelli di Wikipedia) dimostrano che l’Italia ha un enorme surplus di energia lorda. Non è una grande idea costruire per non produrre. Il famoso blackout dell’estate del 2003 fu la scintilla che fece dire a tutti che c’era bisogno di maggiore energia e che non potevamo dipendere dall’estero: allora via col nucleare. Il problema però è che quel blackout è avvenuto di notte, con numerose centrali spente. Solo Roma chiedeva energia pari al giorno perché c’era la notte bianca. La verità è che si tendeva a sfruttare, per ragioni di convenienza economica, gli elettrodotti svizzeri per importare energia sovraccaricandoli oltremodo. Solo questo; perché se la politica energetica non è garantita dallo Stato, per tutti, ma regolata dal profitto privato i risultati sono di un solo tipo. Figuriamoci costruire le centrali nuove. Nucleare e libero mercato sono un ossimoro. Una centrale nucleare costa molti miliardi di euro, i tempi di realizzazione sono lunghissimi: non è possibile la necessaria programmazione (leggi anche affidabilità e ottimizzazione) in un contesto di garanzia di redditività e tempi ragionevoli che cercano le imprese private. Non a caso il nucleare sta funzionando in quelle economie in ascesa fortemente stataliste nelle politiche energetiche come India o Cina. Il tempo di vita delle centrali nucleari, di venticinque anni, non è mai sufficiente a far rientrare i costi sostenuti per produrle: ecco perché ovunque se ne prolunga la vita a discapito della sicurezza (vedi anche Fukushima) specie se in mano a privati.
FURBIZIA
Non c’è nulla nelle scelte del governo che lasci intendere una voglia di dare prospettiva di rilancio allo sviluppo. Vorrei ricordare lo scandalo taciuto da tutti - anche dai verdi (che sembrano parlare dopo essersi consultati con i produttori di “Ai confini della realtà” invece che con addetti ai lavori – consumatosi a partire dagli anni post referendum (e tuttora in corso) dei sussidi alle fonti rinnovabili cui fu assimilato anche il metano (principale combustibile non rinnovabile di alimentazione delle nostre inquinantissime centrali termoelettriche).
DECADIMENTO DELLA QUOTA NUCLEARE IN TUTTI I PAESI DI PIÙ ANTICA NUCLEARIZZAZIONE
Nel 2010 erano in funzione 13 centrali in meno rispetto al 2000. Nel 2008 non ne è entrata in funzione nessuna, nel 2009 si è ridotta la potenza del parco centrali. Rispetto ai massimi toccati fino alla fine degli anni Novanta l’apporto del nucleare si è ridotto del 21% in Germania, del 14% in Giappone, del 27% in Gran Bretagna, del 7% in Francia, del 12% nell’intera Unione europea. Il nucleare non è in salute. Non è compatibile col mercato, i costi di produzione e di esercizio sono mostruosi, la gestione richiede alta qualificazione, il problema delle scorie pesa come un macigno. Senza contare che quei costi altissimi finiscono nelle bollette, altro che calo dei prezzi: non esiste una sola esperienza al mondo che fornisca dati di significative diminuzioni dei prezzi a seguito dell’adozione del nucleare (noi a Latina, tra l’altro, paghiamo in bolletta ancora un alto prezzo per scorie non smaltite e, a quanto pare, non smaltibili).
RISPARMIO ENERGETICO
Una seria politica di risparmio energetico sarebbe auspicabile. Una valutazione delle nostre necessità di energia andrebbe fatta dopo una misurazione esatta del nostro reale surplus (innegabile) di energia lorda e dopo dieci anni di serio risparmio. Serio.
Non come la bufala delle cosiddette lampadine a basso consumo; sarà anche vero che con 11 watt ne rendono 60 però sono tossiche, contengono mercurio, vanno smaltite con attenzione e procedure articolate. Per risparmiare watt (che poi in realtà si risparmiano solo per lunghissimi tempi di esercizio, non in casa dunque) ci ritroviamo con un altro bel paccone di rifiuti tossici da smaltire. Bella green economy. Complimenti.
Per tutte queste ragioni io dovrei votare sì al referendum sul nucleare. Vorrei invece astenermi perché la procedura di consultazione su un tema così delicato, strategico per un paese, non si può fare senza una lunga e adeguata campagna informativa non ideologizzata. Poi penso che un ulteriore sì (perché tre li do per scontati) mi permetterebbe di dare quattro spallate a Berlusconi…
ognuno tragga le sue conseguenze.
3) IL PREMIO NOBEL
Manca poco al referendum e, sostanzialmente, quello che volevo dire l’ho detto. A margine è rimasta la questione Torio. A dire la verità se uno vuole provare a capirci qualcosa la sensazione non è piacevole.
Lo dico da subito: tutti gli argomenti esposti nella seconda puntata sussistono pari pari anche se si volessero fare da subito solo centrali al Torio.
Proviamo ad andare con ordine: alcuni anni fa Carlo Rubbia (premio Nobel per la fisica) ci ha spiegato di aver inventato un reattore nucleare che non utilizza Uranio ma Torio. É il cosiddetto “reattore subcritico” sul quale una breve ricerca col vostro motore web preferito vi darà ulteriori delucidazioni. Sembra comunque che i vantaggi principali siano: impossibilità di esplosioni, altissimo rendimento rispetto all’Uranio, bassa durata dell’emittività delle scorie. Su questa storia della bassa emittività e dei tempi “più rapidi” di decadimento il dato più accreditato è circa 500 anni.
Ora, che questo sia un miglioramento è indubbio visto che l’Uranio porta a produrre scorie con un decadimento di 24.000 anni (basti ricordare, per avere un ordine di comparazione, che 5000 anni fa sulla terra c’erano ancora i Mammuth e che la fine dell’ultima era glaciale è di circa 10.000 anni fa). Però vorrei sottolineare che cinque secoli non sono uno scherzo in quanto a prospettiva programmatica: 500 anni fa significa 1511, c’erano il papa Re e Michelangelo ma non c’era la corrente elettrica. Francamente non vedo come rifiuti tossici assai pericolosi siano più gestibili se durano cinquecento anni.
La notizia che in India stiano facendo una centrale al Torio su progetti di Rubbia ha fatto dire a tutti: “ecco pure gli Indiani ci fottono mettendo in atto una tecnologia sicura e a basso rischio”. Intanto precisiamo che l’unico motivo per cui hanno scelto Torio anziché Uranio è che il primo ce l’hanno in abbondanza e il secondo lo dovrebbero in parte comprare; in una logica autarchica e di crescita spasmodica dell’economia è una scelta che non fa una grinza. Che sia poi anche una tecnologia più al sicuro da esplosioni è un gradito accessorio che non esime però dal trovare una soluzione per le scorie. Probabilmente sarà quella usata in tutto il mondo per la stessa tipologia: un bel bunker sotterraneo a bassa profondità con pareti di calcestruzzo armato e preghiere.
Il 25 novembre del 2003 il fisico premio Nobel fu ascoltato dalla commissione Ambiente alla Camera dove disse: “Si apre a questo punto il grave problema dell’eliminazione dei rifiuti radioattivi. Con vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura. Queste “vergogne” dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine. Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni. La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest’ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente.”
Adesso la domanda sorge spontanea: in India le scorie le mangiano?
O Rubbia ha subito una metamorfosi della sensibilità dopo aver incontrato qualche santone indiano e i suoi tre chili di hashish/giorno oppure, più semplicemente, la notizia che sia lui a seguire la costruzione della centrale è falsa. Vabbe’, lasciamo perdere.
Certo è che Rubbia in Italia è il paladino di un nuovo tipo di fotovoltaico, detto solare termodinamico. Anzi, per essere pignoli, è contro ogni tipo di centrale a combustibile fossile e contro il nucleare (basta cercare le sue dichiarazioni a seguito dell’episodio di Fukushima). Per lui ora (in Italia) c’è solo il solare (termodinamico).
Sin dal 2004 dichiarava: “Non si producono rifiuti né emissioni. L’energia è abbondante e rinnovabile. Non bisogna costruire sistemi di trasporto per i combustibili perché il sole arriva da solo. Gli investimenti e i costi sono più bassi rispetto alle centrali convenzionali. Il sistema è estremamente flessibile e si presta ad essere usato con impianti di piccola taglia in località isolate. I tempi di costruzione sono brevi, circa tre anni”.
E anche:“Oggi, cioè in fase preindustriale, il costo complessivo dell’impianto oscilla tra i 100 e i 150 euro a metro quadrato. E da un metro quadrato si ricava ogni anno un’energia equivalente a quella di un barile di petrolio. Il che vuol dire che utilizzando un’area desertica o semidesertica di dieci chilometri quadrati si ottengono mille megawatt: la stessa energia che si ricava da un impianto nucleare o a combustibili fossili, ma con costi inferiori e con una lunga serie di problemi in meno”.
Però, dico io, dove pensa di trovare il nostro premio Nobel un’area desertica di dieci milioni di metri quadri in Italia? E dal momento che i programmi-proclami di governo parlano della necessità (fittizia come abbiamo visto, visto il surplus di energia lorda) di 8-10 nuove centrali nucleari, forse dovremmo trovare cento milioni di metri quadri desertici (alla faccia della piccola taglia)? E se volessimo anche sostituire le attuali centrali a combustibile fossile? Non so, la vedo dura. E la vede dura anche lui: sembra infatti che ultimamente abbia proposto di porre queste centrali nel deserto del Sahara. Be’ allora sì che quelli di Terna dovrebbero fargli un monumento perché un elettrodotto che attraversi il Mediterraneo ancora non erano riusciti a dimostrare che fosse utile. Anche su questa nuova location però Rubbia ha dei problemi: si dice infatti che l’acqua nel deserto sia la risorsa più scarsa in assoluto. Serve molta acqua per muovere le turbine sotto forma di vapore ad alta pressione. Persino le centrali nucleari soffrono di questo problema d’estate. Adesso dunque sta lavorando affinché i nuovi impianti possano riscaldare l’aria compressa per produrre acqua.
Boh. Prima dice il Torio e forse lo fa in India, poi dice il nucleare no e vuole fare centrali solari nel deserto (rendendo necessaria comunque un’importazione) oppure sparse in Italia in aree desertiche(?). Ragazzi, io qualche dubbio ce l’ho.
Chiudo con la buona notizia che il Torio, sottoposto alle cosiddette reazioni nucleari ultrasoniche dimezzi la propria emittività in novanta (!) minuti. Cioè si potrebbe sviluppare un metodo (sperimentato per ora su quantità ridottissime) per produrre energia nucleare con scorie innocue. È una cosa molto di là da venire, però c’è. Andate a cercare (mica posso fare tutto io).