Anonima scrittori


Il rock è vivo e lotta insieme a l’Enfance Rouge!

Categoria: Assaggi, suoni, visioni e letture
Postato da: zaphod

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[L'enfance rouge dal vivo al circolo Hemingway di Latina. Le note sono di Massimiliano Lanzidei, la foto è di Antonio Spirito]

Siamo andati insieme a scuola dalle suore, Decio ed io, poi ci siamo persi di vista. Mi ricordo che faceva l’album delle figurine Panini insieme al padre. Un adulto che avesse un ruolo nella raccolta delle figurine diverso dal semplice mettere mano al portafogli per fartele comprare in edicola meritava all’epoca tutto il nostro rispetto.  Quando ci siamo riincontrati, anni dopo - ed era il 1986 o 87, dopo la maturità - invece che di calcio abbiamo iniziato a parlare di musica. Forse perché io ero juventino e lui interista. Lui ascoltava musica italiana. Per me all’epoca musica italiana significava Baglioni, Dalla, Venditti, Vasco Rossi nel migliore dei casi. Roba da cui tentavo di tenermi alla larga.
Un giorno gli faccio: “Ieri notte ho visto un filmato di un concerto su Videomusic, c’era uno con una gonna che non capivo se cantava in italiano o in inglese, ma mi parevano forti.”
“Ah sì,” risponde lui, “si chiamano Litfiba, sono di Firenze, domani ti registro una cassetta.” Era appena uscito 17Re, neanche loro sapevano di essere musicisti, ma Decio già li conosceva e li registrava agli amici. E così i Diaframma, i Moda, i Gronge e, ovviamente, i Kim Squad & Dinah Shore Zeekapers. E ti scriveva i titoli delle canzoni sulle cassette con una grafia che ti metteva voglia di ascoltarle anche se dentro ci fosse stato solo rumore. E pure quello a volte accadeva.

E’ il 28 dicembre 2011. Il Circolo Hemingway è strapieno. il gruppo spalla ha appena finito di suonare e stanno riponendo gli strumenti. Da quando ho ascoltato per la prima volta i Kim Squad, quasi venticinque anni fa, François Regis Cambuzat, cantante e chitarrista, ha percorso innumerevoli strade. L’ho visto suonare rock’n'roll in inglese, cantare in italiano e francese con contrabbasso e fisarmonica nel Gran Teatro Amaro e rumoreggiare in una strana serata all’Init di Roma otto anni fa.
Le luci sul palco sono spente, io non so cosa aspettarmi e mi chiedo se ormai non sono troppo vecchio per essere sorpreso dalla musica.
E’ la batteria di Jacopo Andreini a rompere il silenzio e gli indugi. Un loop appena screziato di sentori mediorientali e tutti i dubbi sono fugati. E’ roba buona. Entrano gli altri due, François Regis Cambuzat, voce e chitarra elettrica e Chiara Locardi, basso e voce. E’ una valanga di suono quella che ci investe. Lava fusa. Nel primo pezzo ci sono ancora accenni orientali, poi è solo ritmo, volume e potenza. L’enfance rouge non prende prigionieri. La musica è incalzante. Non c’è spazio tra un brano e l’altro neanche per applaudire. Bar-Bari è il titolo del loro ultimo disco. Da un porto del Montenegro alla Puglia. Una traversata breve ma che unisce mondi diversi, storie difficili, tormentate, di sfida contro l’ignoto e contro il destino.
Sono in tre sul palco e sembrano un’orchestra intera. Picchiano come forsennati e non si risparmiano. Mentre li ascolti ti vengono in mente i Crazy Horse elettrici di Neil Young o i Velvet Underground, ma non c’è alcuna concessione alla nostalgia nella musica dell’Enfance Rouge. E’ tutto qui e ora. I Barbari hanno occupato il palco e non hanno alcuna intenzione di lasciarlo.
Dopo tre quarti d’ora, forse più, François decide di tirare il fiato e presenta il gruppo. “Sono stato qui a Latina trent’anni fa, mi siete mancati.” Erano un po’ meno di trent’anni e io c’ero. C’erano anche tanti altri che sono intorno a me nel buio ad ascoltare l’Enfance Rouge oggi per la prima volta. Lucio, Giovanni, Antonio, Gianni e, ovviamente, Decio che - come gestore del circolo Hemingway - li ha riportati a Latina. Ma la cosa sorprendente è che intorno a me nel buio c’è pure gente che trent’anni fa - qualora si fosse trovata in Piazza del Popolo o nella pista di pattinaggio dove adesso c’è il Cambellotti durante un concerto dei Kim Squad - sarebbe stata nel passeggino o tenuta per mano dai genitori.
“Sapete come funziona: se ne volete ancora dovete sbattere i piedi, urlare e mostrarvi entusiasti, altrimenti chiudiamo qua e ce ne andiamo tutti affanculo.” Ci spelliamo le mani e la musica riparte. I tre vanno all’unisono. Si rompe una corda della chitarra di François e basso e batteria improvvisano un assolo mentre provvede a cambiarla. Ogni tanto la musica si apre - e a noi vecchi vengono in mente i concerti dei Thin White Rope - per poi ripartire a perdifiato su riff di rock’n'roll veloci e distorti. Evocati dalla regia di un fonico - anche lui francese e che il diavolo mi porti se mi ricordo come si chiama - che si muove nell’ombra si inframezzano alla musica anche suoni di importazione. Una specie di flauto arabo (nay?) e soprattutto la voce tormentata della stella perduta di  Bertrand Cantat dei Noir Desir ad aleggiare sul brano Vengadores.  Quando il concerto finisce - bruscamente, come era iniziato - i musicisti non ne hanno proprio più. François, fradicio di sudore, illustra la mercanzia del gruppo e si forma subito una fila a comprare dischi e magliette. Io, la t-shirt ufficiale de l’Enfance Rouge - quella con la scritta in arabo Ana lastou ameikkyyan (io non sono americano) - l’ho già presa nel 2003 a Roma. Però l’ho consumata indossandola come talismano e vestito di scena nei reading dell’Anonima quindi ne prendo un altro paio, oltre a i due ultimi dischi: il già citato Bar-Bari e il precedente Trapani - Halq Al Waady che ne è gemello eterozigote e meticcio. Poi arrivo finalmente al bancone a prendermi una birra.

Prima del concerto Piazza Moro è fredda e deserta. François mi offre un sigaro spagnolo, mi racconta dove abita e mi chiede quello che faccio. Parliamo delle nostre figlie e della condizione di genitori. M’avessero detto - vent’anni fa - che sarei stato fuori del locale di Decio con François Regis Cambuzat a fumare l’avrei definito improbabile, ma non impossibile. Se qualcuno m’avesse però detto che non avremmo parlato di musica, ma delle bambine l’avrei fatto rinchiudere in manicomio.
Dopo il concerto glielo dico. Sorride. Decio - che pure lui è padre - mi chiede se posso dargli una mano ad accompagnare il gruppo in albergo. Lavorava alla Nexans, Decio, prima che la chiudessero. Con l’Anonima Scrittori abbiamo pure partecipato a un evento incredibile di mobilitazione contro la chiusura. Niente da fare. Come spesso accade in questa provincia, dal giorno alla notte, qualche centinaio di persone si è trovato a dover reinventarsi la vita.
Decio si è lanciato in questa avventura con il Circolo Hemingway. E insieme a Roberto, l’altro fondatore, hanno creato  un locale con una programmazione di altissimo livello. Se i francesi non avessero chiuso la fabbrica Decio starebbe ancora sullo Shaw 150 ad arrotolare cavi. Non so come la pensa lui. Di sicuro questa città un posto così non l’ha mai visto. Speriamo che apprezzi.

3 Responses to “Il rock è vivo e lotta insieme a l’Enfance Rouge!”

  1. big one Says:

    Bravo Max! Ma la storia della tesi di laurea? Comunque avanti cosi’!
    Su, dai che ne mancano solo una decina!

  2. zaphod Says:

    Enfance Rouge dal vivo: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=FQ959RdB_hM

  3. Il Putan Club (r)esiste con l’Anonima Scrittori Says:

    [...] l’Enfance Rouge può leggere la recensione del loro ultimo concerto all’Hemingway qui o andare sul loro sito) e Vincent Fortemps ci metteranno la loro musica, le loro immagini e le loro [...]

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