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La Striscia #12 - La materia di cui son fatti i sogni… è scaduta.

Categoria: La striscia di Faust
Postato da: Torquemada

[Ancora un'altra puntata dell'ormai immancabile Striscia di Stefano Tevini. Dopo diversi excursus e un'intervista, si ritorna con prepotenza al fumetto. Si punta al classico, con uno dei personaggi più amati negli States: Captain America.]

E’ risaputo, fra chi è di casa nell’ottava arte, che il tessuto sgargiante con cui sono fasciati i corpi statuari dei supereroi non rappresenta una semplice maschera ma, spesso e volentieri, un simbolo. C’è, nel fumetto supereroistico, un secondo livello di lettura nel design dei personaggi che precede le sceneggiature delle storie in cui gli stessi si muovono. Tale allegoria può riferirsi a istinti primitivi come la paura e la vendetta, ne è un esempio Batman, o a tematiche più articolate e spinose quali il razzismo, come nel caso degli X-Men. Nessun personaggio, tuttavia, ha una carica scopertamente simbolica quanto Capitan America. Senza mezzi termini e con tutte le implicazioni del caso, Cap indossa letteralmente la bandiera americana. Gestire un vessillo patriottico ambulante non è compito da poco e il rischio di scadere nel retorico è più che palpabile. Raccoglie la sfida Ed Brubaker, uno dei nomi chiave dell’odierna Marvel Comics, imboccando la strada già percorsa da Steve Engelhart e Mike Friedrich con la saga “L’impero Segreto”, ispirata allo scandalo Watergate : rendere il crociato a stelle e strisce non tanto l’incarnazione dell’american way of life quanto l’incarnazione dell’America stessa e, in particolar modo, delle sue contraddizioni più dolorose. Il risultato è il volume “La morte del sogno”, un balenottero di quasi settecento pagine che raccoglie i primi due anni serie Capitan America scritta, per l’appunto, da Brubaker.
Steve Rogers è un uomo nervoso e sfinito, provato dall’attrito delle idee che ha giurato di rappresentare con una realtà che ogni giorno glie ne sbatte in faccia la fragilità. Eroismo, verità e giustizia sono più handicap che virtù e chi ha meno scrupoli è sempre due o tre mosse avanti rispetto a coloro che dovrebbero essere gli eroi positivi della storia, ognuno ha il proprio interesse politico oppure economico da perseguire e la polarizzazione morale su cui si reggeva lo scenario della guerra fredda si affloscia su se stessa rivelandosi il fondale di cartone che è sempre stato. Emblematico, in questo senso, è Bucky, spalla adolescente di Capitan America, usato sia a fini propagandistici sia per portare a termine il lavoro sporco che altri non possono curare per non rischiare un danno d’immagine, uno dei personaggi chiave della serie nel proprio rappresentare tutta l’ipocrisia e il puro calcolo che stanno dietro a un gioco più grande di lui.
Nonostante qualche calo di tono e di ritmo, fisiologici in un arco narrativo di venticinque numeri, la tenuta delle storie di Brubaker è nel complesso molto buona, la trama è solida e i personaggi sono caratterizzati con il dovuto spessore , il rischio di eccessiva retorica di cui sopra è scampato così come è abilmente evitato il cinismo depressivo gratuito. Sul piano grafico le matite di Steve Epting assolvono più che degnamente al proprio compito grazie a una profondità prospettica notevole e a un dinamismo raro anche per i comics americani, ma la vera marcia in più è il lavoro del colorista Frankie D’Armata, capace di dare una tridimensionalità quasi palpabile al realismo crepuscolare di Epting.
“Capitan America – La morte del sogno” è un volume impegnativo : lungo e costoso, non è un classico tale da bucare le barriere di pregiudizio che stanno attorno al fumetto ma resta un lavoro tremendamente valido sulla scena mainstream.

Bibliografia
:
Ed Brubaker e Steve Epting, “Capitan America – La morte del sogno”, ed. italiana Panini, 2010, 696pp., 50 €

6 Responses to “La Striscia #12 - La materia di cui son fatti i sogni… è scaduta.”

  1. FernandoBassoli Says:

    Personaggio troppo buonista, ha/aveva comunque il merito di veicolare valori patriottici e, in alcuni albi, di mostrare ai giovani lettori le porcherie fatte dai nazisti.

    La bellezza del costume ha avuto probabilmente un ruolo importante per il notevole successo di questo personaggio che da ragazzino adoravo.

  2. Faust Cornelius Mob Says:

    Nel mondo dei comics, dove un personaggio spesso passa nelle mani di diversi scrittori, non si può parlare di esso come buonista a prescindere. Dipende da chi ne prende in mano le redini. Più di uno scrittore è stato in grado di rendere Cap non retorico e specchio delle contraddizioni del proprio paese.

    Non che poi le abbia mostrate il fumetto di Capitan America le porcherie dei nazisti, all’epoca era un fumetto di guerra e di quello parlava.

    Il costume sì, è accattivante ed è stato migliorato nell’ultimo periodo.

  3. FernandoBassoli Says:

    Ok, ma per noi ragazzini che lo abbiamo letto nei secondi anni ‘70, che sapevamo relativamente poco dei nazisti (quando lo leggevo io facevo le elementari) è stato utilissimo per mettere a fuoco determinate cose. Però devi riconoscere che gli albi dove Cap si muove con l’apporto del gruppo de Gli Invasori sono troppo manichei. Tipicamente amerikani.

    Poi il personaggio si è evoluto parecchio, diventando meno supersoldato-patriota e più supereroe.

  4. Faust Cornelius Mob Says:

    Sono manichei perchè volevano esserlo.

    D’altronde in quegli anni l’epoca dei grandi approfondimenti era ancora di là da venire, tutto molto seminale.

  5. FernandoBassoli Says:

    Tendenzialmente gli americani sono sempre manichei, salvo eccezioni clamorose. Non è una colpa, sono fatti così.

  6. Faust Cornelius Mob Says:

    E’ l’immagine stereotipata che ne abbiamo da fuori, ma non è esattamente così.

    Come ogni paese, gli Stati Uniti sono attraversati da più contraddizioni e fratture di quante pensiamo.

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