Anonima scrittori


L’A.S. nel nuovo libro di Oliviero Beha

Categoria: Anonima Scrittori, Eventi
Postato da: Torquemada

L’Anonima Scrittori è citata sul libro di Oliviero Beha. Il perché è semplice. E’ stata censita come una delle associazioni che ‘resiste’ ai ‘Nuovi Mostri’. Quello che ci ha fatto guadagnare questa citazione è proprio il concorso (r)esistenza, in cui facciamo raccontare quelle storie contemporanee che saranno la Storia di domani. Un bel risultato per tutti.

Per far capire di cosa si tratta, riportiamo un estratto - l’Introduzione - del libro di Beha, ‘I Nuovi Mostri’ edito da Chiarelettere.

“Premetto alcune istruzioni per l’uso. Non ho intenzione di seguire la consolidata prassi di chiedere a qualcuno un giudizio profilattico possibilmente tendente al ‘meraviglioso’.
Considero infatti questo pamphler uno strumento di lavoro per tutti coloro i quali abbiano a che fare con il sistema mediatico e con «gli intellettuali che non ci sono più» in questo Paese oggi. Auspico dunque contestazioni «midollari», senza risparmio, a un libro certamente esasperato. Niente mi farebbe più piacere di una revisione critica di queste pagine, magari per dimostrare che il sistema mediatico non è quel Moloch onnivoro che dico qui, che muta in modo spesso atrove la visione del mondo e quindi la vita stessa delle persone, oppure che gli intellettuali ci sono acnora eccome, e fanno splendida opinione.
Vorrei insomma una critica a raso per un libro sbaglaito in un Paese giusto, invece che un doloroso silenzio a rovescio che suonerebbe purtroppo a comodo conforto delle mie tesi estreme, dunque neppure troppo paradossali o provocatorie. Nel menefreghismo risulterebbero come delle notifiche di questo nulla sul quale svolazzano i preoccupanti corvi dell’irreversibilità e basta. Tesi estreme che sintetizzo qui in due parole, almeno come punto di partenza credo indiscutibile.
1) C’è una crisi planetaria dell’economia, sia di quella finanziaria cosiddetta «di carta», sia di quella reale.
2) E’ impensabile che nessuno sapesse niente del «tracollo più grave dal 1929 in poi»: se qualcuno nelle banche accendeva i mutui agli americani per indebitarsi e comprare case, tra chi dava i mutui, chi vendeva le case e la classe politica di controllo non c’era davvero la minima collusione? Siamo tutti scemi?
3) Adesso il sistema mediatico degli Usa ne parla, qualcuno è finito in galera, i segnali magari confusi emandati dall’elezione di Obama lasciano lumeggiare dei cambiamenti, se si vuole qualcosa di quel che è successo e i nomi dei responsabili del Grande Misfatto si riesce a saperli. Magari non abbastanza, ma qualcosa.
4) In Italia le ripercussioni della crisi sono evidenti e quotidiane. Anche qui nessuno sapeva e diceva niente sulla globalizzazione tanto decantata dell’economia e dei mercati? Dal sistema mediatico nostrano non abbiamo mai avuto notizie per tempo, occupato com’era a coprire le scalate bancarie dei caudillos e vicecaudillos politici di destra e di sinistra.
5) Se i nostri banchieri, collusi o addirittura combacianti con i leader politici, immagazzinavano titoli ‘tossici’ o prestavano denaro - che so - alle banche ungheresi, lo facevano per incapacità o per dolo? Non sarà stata per caso una semplice ‘partita di giro’ per far rientrare denaro magari in Svizzera per il singolo, il gruppo, o la cordata politico-economica forte di banche, imprese, partiti o aree di partito o qualche straordinario Cavaliere Nero del governo o dell’opposizione?
6) Ce ne sarebbe abbastanza per avere tutti i giorni informazioni non solo sul precipizio imboccato, come si fa spesso strumentalizzando anche questo aspetto secondo la convenienza speculare del giorno per giorno, essendo gli schieramenti politici per lo più fintamente «l’un contro l’altro armati» nella recita nostrana, bensì soprattutto sulle cause di tutto ciò e sui responsabili. Sembrerebbe indispensabile per una mutazione epocale, per evitare che possa risuccedere.
7) Invece niente: non parlano i media di proprietà dei responsabili o di loro contigui o clientes, non fa opinione una categoria come gli intellettuali «indipendenti» che non ci sono più o comunque non riescono ad arrivare ai mezzi di informazione. Stiamo rispondendo a Obama con Geronzi.
8) Così il cerchio si chiude anche sui fatti più gravi che incidono sulla nostra vita oggi, figuriamoci su tutto il resto che quasi istantaneamente impallidisce e sparisce dal nostro orizzonte informativo.

UN GIGANTESCO CONCORSO DI COLPA

La prima obiezione che faccio al me stesso impegnato da sempre come un avventato free climer in solitario con frequenti e rovinose cadute è che in queste pagine ce l’ho praticamente con tutti, o quasi. E’ vero, ma siate consequenziali: era necessario un gigantesco concorso di colpa per ridurci in questo stato pietoso. Difficile dunque estrapolare «innocenti». Poi posso eccepirmi che faccio qui diversi nomi, ma ovviamente non tutti, non essnedo questa una guida telefonica. Ho scelto quelli più signigicativi o esemplari del discorso portato avanti sui «nuovi mostri».
Infine posso rivolgermi ua critica farcilmente documentabile di aver raccontato episodi «autobiografici», quella cose che anche solo per gusto o per evitare accuse di vittimismo tedioso non si dovrebbero fare mai. Di solito è così, e quindi li ho scritti di mala gana, come dicono gli spagnoli, malvolentieri.
Ma itnanto quello che è accaduto a me è una cosa certa, vera, reale, che conosco bene, senza tema di alcuna smentita, poi ho paura (per me) che queste staffilate di autobiografismo professional-politico possano essere istruttive e insieme rappresentative di un sistema balordo che più balordo non si può (forse…). Se esse disturbano, come credo, il lettore, è perché sono i sintomi vistosissimi di una malattia più generale che ci riguarda tutti e sulla quale i privilegiati speculano orrendamente, ben più della media, di quello che «è sempre successo nella storia» come realisticamente si fa notare. No, è peggio, perché lo stato delle cose è sotto i nostri occhi, perché questo Paese sembra al momento senza futuro per figli e nipoti, e in definitiva perché testamentariamente «disponiamo di una vita sola», questa.
E a proposito di testamenti e del titolo del primo capitolo del libro che è di questa area lessicale, chiudo la presente introduzione (alla ferocia descrittiva che segue) con una citazione di Mark Twain, leggero e profndo scrittore americano in grado di essere letto da tutti, allora come oggi, vecchi e giovani, colti diseredati dal sapere. E’ una lettera-testamento intitolata ‘Il privilegio della fossa’, scritta nel 1905, cinque anni prima di morire, con l’indicazione «Lascio ai posteri questo testo, lo renderò noto dalla tomba» e quindi uscita postuma.
Perché vuole che venga letto quando non ci sarà più? Lo spiega bene, e il motivo ha a che fare con lo spirito di questo libretto: «Un privilegio di cui nessuna persona vivente gode: la libertà di parola. Chi è in vita non è del tutto privo, a rigore, di un tale privilegio, ma dato che lo possiede solo come vuota formalità e sa di non poterne fare uso, non possiamo considerarlo un effettivo possesso. In quanto privilegio attivo, è simile al privilegio di poter commettere un omicidio: si può esercitarlo se si è disposti, a sopportarne le conseguenze. L’omicidio è proibito sia formalmente che di fatto, la libertà di parola è formalmente permessa, ma di fatto proibita…».
Questo libro è dunque una specie di delitto in un Paese che, per la libertà di parola e ormai quasi per la libertà di parola anche solo pensata (temono che qualcuno origli alle tempie e poi riferisca…), non è disposto a sopportare alcuna conseguenza. Un delitto dedicato a coloro che invece sono ancora «partigiani» di questa libertà sempre più minoritaria e sempre meno avvertita come tale. Basti pensare che negli ultimi mesi la rappresaglia legislativa della politica contro la libertà di espressione sul web ne è la più perfetta dimostrazione di vertice.
Sembra davvero un delitto che ormai quasi nessuno sente più il bisogno di commettere, un delitto superfluo, un atto casuale da «piccoli omicidi», alla Alan Arkin dell’omonimo film anni Settanta (quello comunque nella sua follia creativa era un libro, una commedia e appunto un film «allegro»: oggi il nostro Paese è invece cupo, plumbeo, e l’allegria specie dei giovani è una sorta di «recita» forzata biologico-televisiva…). Un lusso ormai, che cercherò di continuare a permettermi…”

3 Responses to “L’A.S. nel nuovo libro di Oliviero Beha”

  1. k Says:

    Sì, vabbe’. Ma la citazione di Anonima dove starebbe?

  2. Torquemada Says:

    Stiamo nel capitolo, dovrebbe essere l’ultimo, in cui vengono citate tutte le associazioni che resistono. Viene anche citato il nostro concorso (r)esistenza.

  3. rindindin Says:

    ah…l’ho letto tre volte anch’io per trovare la citazione…

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