Anonima scrittori


Racconto - Una ricetta esemplare

Categoria: Narrazioni
Postato da: Torquemada

[Questo racconto di Stefano Cardinali - autore del Bit e de "L'ode", uno dei più bei racconti del concorso (r)esistenza, nonché illustratore dell'ultimo libro di Pennacchi, "Canale Mussolini" - è alla sua terza versione. La prima venne scritta per le 'Pillole Libere' di Modica Quantità, una delle iniziative storiche dell'Anonima Scrittori. La seconda stesura avvenne quando il racconto venne pubblicato su Fili d'Aquilone mentre questa, la terza e ancora inedita, è stata suggerita da Antonio Pennacchi]

Dalla cucina il tintinnio delle tazzine annunciava che il caffè era quasi pronto. Come faceva spesso quando aveva un po’ di tempo libero, Giorgio era andato a trovare Luciano e ora, nell’attesa di consumare quel breve rito, si guardava attorno incuriosito dalla libreria del suo amico. Attratto da una piccola pubblicazione in evidenza su un ripiano, Giorgio si avvicinò per osservarlo meglio: DELITTI ESEMPLARI recitava il titolo sotto il nome di Max Aub sullo sfondo blu della copertina. Lo prese, lo aprì e lesse quello che sembrava un microscopico racconto:
Lo uccisi perché nessuno mi vedeva.
Incuriosito sfogliò altre pagine fino a trovare un’altra frase secca:
Lo uccisi perché non la pensava come me.
Poi ne scovò una più lunga:
Lo uccisi perché avevo una pistola. Quanto piacere dà stringerla in mano!
L’arrivo di Luciano con in mano il vassoio distolse Giorgio dalla lettura. Posò il libro sulla scrivania  e mentre l’amico lo invitava a sedersi, si versò dalla moka quello che sarebbe stato l’unico caffè della giornata.
Da quando si erano ritrovati quel cerimoniale si celebrava spesso: Luciano accoglieva l’ospite in casa e dopo un breve saluto si recava in cucina per accendere il fornello sotto la caffettiera sempre pronta. Giorgio entrava nello studio del suo amico e cominciava a sfogliare giornali e riviste.
La loro amicizia risaliva al tempo degli scout quando lui, ragazzo timido, era stato preso in simpatia dal compagno più disinvolto del gruppo.
Le prime escursioni, i campi estivi e la conseguente vita in comunità, avevano lentamente smussato gli spigoli del carattere inizialmente schivo e diffidente di Giorgio.
Poi i due amici avevano frequentato il ginnasio insieme proseguendo il cammino fino al diploma.
Il loro rapporto si era già definitivamente consolidato nella stagione estiva seguente al primo liceo quando i due, in vacanza in un campeggio in riva al mare, avevano condiviso ripetitivi piatti di tonno e fagioli e serate dove una chitarra e le canzoni cantate in coro diventavano il mezzo più rapido per accedere alle prime esperienze sessuali.
Durante tutto il periodo della loro frequentazione Giorgio aveva continuato a provare una sorta di timore reverenziale nei confronti del più estroverso e sicuro Luciano. Negli ultimi due anni di scuola quelle insicurezze si erano tramutate in un complesso di inferiorità.
Terminato il liceo i due si erano persi di vista. Giorgio, arruolato in polizia  fu trasferito in un’altra località. Luciano, figlio di un avvocato, si era iscritto a giurisprudenza per seguire le orme del padre.

Si erano rincontrati casualmente dieci anni più tardi: Giorgio, rientrato da poco nella città natale con il grado di ispettore, si era trovato di fronte in un interrogatorio il vecchio amico, avvocato difensore di uno degli indiziati in un caso di omicidio e la loro amicizia era ripresa esattamente dove si era interrotta, come se quei due lustri non fossero mai passati.
Una cosa però nel frattempo era cambiata: Giorgio aveva acquisito un saldo senso di fiducia in se stesso e ora tentava, in ogni occasione, di cancellare il vecchio complesso di inferiorità nei confronti dell’amico.
Per questo erano cominciate le prime banali discussioni.
Gli argomenti del contendere erano i più disparati: si andava dal disaccordo riguardo una partita di calcio a divergenze di opinioni circa il giudizio dato a un film. Un libro letto da entrambi poteva essere soggetto a discussione continua per giorni e giorni. Anche l’arte culinaria era spesso motivo di accesi dibattiti. Giorgio non lasciava più passare un parere di Luciano sul quale non fosse pienamente d’accordo.
Spesso le liti sembravano senza via d’uscita, solo il buonsenso riportava i contendenti alla calma e raramente risolvendo la questione.
Ogni volta era come se si frantumasse qualcosa, non l’amicizia, che sembrava forte e salda. Era il grado di sopportazione di Giorgio che via via si faceva più sottile, in particolare quando Luciano saliva in cattedra e cominciava a pontificare.

Anche stavolta Luciano stava scolpendo sulla pietra e l’argomento era una ricetta di cucina: asseriva che la preparazione originale dei “bucatini all’amatriciana” prevedesse un fine trito di cipolla da imbiondire in olio extravergine prima di soffriggere la pancetta affumicata.
Giorgio, nonostante avesse già dato segni di insofferenza alla parola cipolla, provò, con tutta la calma di cui era capace, a spiegare all’amico togato che l’ingrediente principale era il guanciale e che la pancetta affumicata la destinava volentieri agli amici crucchi.
A quel punto la strada presa dai due antagonisti era già senza ritorno e il gioco si stava ripetendo secondo il consueto rituale: li aspettava un’accesa litigata che sarebbe terminata con ripetute offese, sia da una parte che dall’altra, ad antiche generazioni di avi.
Fu mentre Luciano accusava l’amico di essere un inutile perfezionista che Giorgio estrasse rapidamente la pistola d’ordinanza dalla fondina e sparò un colpo a bruciapelo alla testa dell’amico.

L’arma, calda e fumante, ora pesava come un bazooka. Il corpo era raggomitolato ai suoi piedi: il proiettile lo aveva ucciso sul colpo ed era rimasto così, com’era caduto. Con un gesto lento, misurato, di quella misura che gli era mancata pochi istanti prima, Giorgio posò la pistola sulla scrivania accanto al libro che poco prima lo aveva incuriosito. Prese il piccolo volume e prima di riporlo sullo scaffale estrasse con calma la penna dal tasca interna della giacca e scrisse nell’ultima pagina del libro:
Il guanciale non è come la pancetta!
Lo uccisi perché non voleva capire la differenza.

3 Responses to “Racconto - Una ricetta esemplare”

  1. SCa Says:

    Io delle tre versioni preferisco la prima: più immediata, secca come quel colpo di pistola.

    Complimenti per le illustrazioni del libro di Pennacchi.

  2. big one Says:

    prob hai ragione ma anche questo (secondo me) non è male.
    Grazie per i complimenti ai miei disegni.

  3. SCa Says:

    No, non lo è; infatti lo trovo migliore della seconda stesura.

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