Anonima scrittori


Savile Row - Malintesi uno (Turandot)

Categoria: Assaggi, suoni, visioni e letture, Savile Row di Stefano Cardinali
Postato da: Faust Cornelius Mob

capitan-dash

- Ce voi annà domani ar cinema?

- Per vedere quale film?

- Ma che hai capito! Er film nun lo devi vedè, lo devi girà! E sbrighete che ar capogruppo je serve poca ggente!

Era facile cadere nel malinteso, vuoi per i miei sedici anni, vuoi perché nell’ambiente delle comparse si parlava quasi in codice. E quando mi feci avanti i posti erano davvero finiti. Meno male, pensai in seguito. Il film - uno dei primi decamerotici, commedie boccaccesche girate in fretta sulla scia del successo del “Decameron” di Pasolini - prevedeva scene di nudo e io non me la sarei sentita, mi sarei vergognato. Adesso qualcuno dirà:

- Ma a sedici anni ti avrebbero fatto girare scene osé? E la legge?

Si, la legge! A quei tempi mica si guardava tanto per il sottile se uno era minorenne.

- Ciai problemi a spojatte?

- No.

- Ce l’hai ventun’anni?

- Si.

- Tuttapposto. Se vedemo qua domani matina alle sei e mezza . Me raccomanno: puntuale!

Funzionava così il casting per le scene di nudo, donne o uomini, indifferentemente. Nessun controllo sull’età, nessun documento da esibire, buttati nel mucchio senza controlli. E poi era importante l’affidabilità mica il rispetto delle leggi.

E dire che nell’ambiente c’ero capitato proprio per caso.

Nel giugno del 1971, finita la scuola, chiesi ai miei genitori di trovarmi un lavoretto che mi permettesse un po’ di indipendenza economica. cover iphone custodia Io pensavo a un impiego da garzone presso uno dei tanti fornai della zona o da un fruttivendolo. Mi andava bene tutto, l’importante era avere qualche lira in più in tasca in previsione delle vacanze al mare. Invece mio padre che da sempre amava lo spettacolo in ogni sua forma, grazie a uno zio brigadiere di polizia di stanza al Ministero dell’Interno, mi trovò un posto da comparsa al Teatro dell’Opera che a Roma sta a due passi dal Viminale ma che in estate trasferiva le sue rappresentazioni alle Terme di Caracalla.

- Quest’anno me servono gente pe’ Aida e Turandò - mi disse il responsabile delle comparse quando andai a fare il “provino”. - Te sei arto e ciai ‘na bella presenza - aggiunse - me fai er fustigatore ne la Turandò e er capitano ne l’Aida. Così te senti pure la Marcia trionfale. Tu’ zio dice che sei uno serio, vojo proprio vedè. Me raccomanno: sempre puntuale che qua fori c’è la fila ppe lavorà!

E così entrai nel mondo della lirica.

Delle opere sapevo ben poco. Le canzoni - romanze, imparai dopo poco - erano di una noia mortale e poi non si capiva una parola. Sapevo che l’Aida era di Verdi, quello che stava sulle mille lire, e Puccini l’avevo sentito nominare qualche volta da mio padre. L’unica opera che conoscevo era Jesus Christ Superstar, ma poco aveva a che fare con quelle classiche nelle quali avrei lavorato. Andammo in scena dopo un paio di settimane di prove, o meglio, noi figuranti del secondo atto della Turandot avemmo bisogno di una preparazione così breve. I cantanti, il coro, i musicisti e le altre comparse lavoravano da più di un mese. Per l’Aida invece partimmo direttamente dalla prova generale. Ero una delle quattro guardie che nel corso del secondo quadro del secondo atto (quello, appunto, della Marcia trionfale) stavano ferme per tutto il tempo ai lati del trono del faraone e avemmo bisogno soltanto della prova costume. Adesso non so come fossi vestito, forse avevo un gonnellino, sicuramente dei sandali, però non dimentico il prurito che mi provocava la calzamaglia e la tortura in scena per non potermi muovere.

Ci tenevo così tanto a essere puntuale che arrivavo sempre un’ora prima dell’ingresso. Fu così che capii che quando serviva gente per i film i capigruppo delle varie produzioni venivano a cercarli lì a Caracalla, prima delle rappresentazioni. Benché incuriosito feci pochi provini e fui scelto per una pubblicità di un detersivo (chi ricorda Capitan Dash?). L’anno seguente invece presi parte al film “Storie Scellerate”di Sergio Citti che sfruttava anch’esso il successo dell’opera di Pasolini ma col placet dello scrittore visto che il soggetto era suo. Erano previste scene di nudo ma nelle due in cui lavorai ero spogliato soltanto dalla cintola in su. E fu una fortuna che avessero scovato pantaloni e sandali della mia misura vista la mia altezza e un numero 48 di scarpe introvabile a quei tempi. Ricordo che sul set per la pubblicità di Capitan Dash fui l’unico tra circa venti comparse a rimanere senza stivali di gomma. L’aiuto regista sembrava deciso a fare a meno di me ma il regista aveva ideato dei movimenti per cui l’assenza di una sola comparsa avrebbe generato un buco nella figura che dovevamo comporre. Decisero allora di tagliare le mie calosce lungo tutta l’altezza nella parte posteriore creando infine un buco largo abbastanza per far uscire il tallone. Del nastro adesivo fissato ai polpacci e alle caviglie fermava le calzature ormai divise a metà. Nello spot nessuno si accorse della trovata però fu un inferno muovermi con i talloni fuori dagli stivali! Quando, dopo un anno, l’agenzia che aveva realizzato la campagna pubblicitaria mi contattò per interpretare uno dei tanti Capitan Dash che sarebbero andati, casa per casa, a donare due monete d’oro a chi possedeva il detersivo pubblicizzato, rinunciai sia per gli impegni scolastici ma anche, soprattutto, per paura di dover indossare ancora stivali di 3 numeri più piccoli del mio!

Ma a parte la giustificata curiosità per i meccanismi di un mondo che non conoscevo, fui colpito profondamente dalla fauna che lo frequentava. C’era una varietà di individui che non ho più trovato in nessun altro ambiente, tutti spinti dal bisogno di arrotondare lo stipendio. C’era l’operaio, l’insegnante, c’era la vedova coi figli ancora piccoli, c’era l’impiegato oppure chi dopo lo spettacolo avrebbe dormito solo poche ore per poi alzarsi con il buio e andare a scaricare frutta ai mercati generali. La paga era di 2500 lire a sera e se per me erano molte - con tre o quattro rappresentazioni alla settimana, riuscivo a mettere da parte qualcosa per le vacanze ma anche ad alimentare la mia passione per la musica comprando qualche disco - se per me erano molte, dicevo, non si può dire lo stesso per chi di quei soldi aveva bisogno per arrivare con meno affanni alla fine del mese.

E quella varietà di persone mi servì anche per aggiornare le mie scarse, poco più che nulle, conoscenze sul sesso. Dico subito, per evitare equivoci, che non fu alcuna esperienza diretta a migliorare la mia preparazione.

Nel gruppo dell’Aida, ebbi modo di conoscere Mario. iphone cover Aveva una quarantina d’anni e ai miei occhi era un vecchio. Lavoravamo entrambi nel secondo atto: io al fianco del faraone mentre lui faceva parte del gruppo di etiopi prigionieri di Radames. Aspettavamo dietro le quinte insieme alle altre comparse. Mario era gay, anzi omosessuale perché a quel tempo il termine americano era ancora poco diffuso in Europa. samsung custodia original Si usavano ancora le parole invertito oppure omofilo mentre le definizioni più popolari erano finocchio, frocio oppure checca. cover iphone Lui si faceva chiamare Maria.

Insomma Mario andava con gli uomini e lo faceva a pagamento. Finita la rappresentazione teatrale si spostava accanto alla basilica di San Paolo e batteva tra le puttane. E io non riuscivo a spiegarmi perché un uomo dovesse pagare per fare sesso con un finocchio. Per di più vecchio. Pensavo: Mario cià il “vizio”? Che paghi lui chi lo fa sfogare. Come succedeva a certi ragazzi della strada dove abitavo che ogni tanto andavano con i froci.

- Sabato m’accompagni a Via Sannio che devo comperare un paio di jeans?

- E i soldi dove li hai trovati?

- Oggi pomeriggio vado al cinema e se va bene tiro su pure quelli per una camicia! Ma quand’è che ti decidi pure tu ad arrotondare la paghetta?

Avevo le idee poco chiare sul sesso con le ragazze, figuriamoci se potevo provare quello con le checche!

C’era un cinema nel nostro quartiere - ce ne erano in tutta Roma - frequentato da omosessuali. Uno si sedeva accanto a te e bastava che lo lasciassi fare. Alla fine ti allungava i soldi e alla nostra età in un pomeriggio ti rifacevi il guardaroba! Insomma erano questi gli esempi che conoscevo, che ne sapevo io delle sfaccettature della sfera sessuale? Devo dire, a mia parziale giustificazione, che la sintetica educazione sul sesso che i miei avevano abbozzato non prevedeva questo capitolo. Quando avevo chiesto chiarimenti sull’argomento mia madre aveva farfugliato parole come “disturbo” e “malattia” per poi glissare e cambiare discorso e se alle spalle non avevi una famiglia più che illuminata era quasi impossibile ottenere una sana formazione sessuale. Figurarsi che fino a dodici anni ho avuto dei dubbi sul seno delle donne perché dal barbiere mi era capitata una rivista - ABC, mi pare che fosse - dove nelle foto di nudi femminili i capezzoli erano cancellati! Poi al mare a una signora cadde il reggiseno e mi schiarii le idee.

Insomma io avevo i miei problemi a mettere a fuoco l’argomento omosessualità e dietro le quinte dell’Aida c’era Mario che, a chi voleva e a titolo completamente gratuito, infilava la mano nella calzamaglia, sintomo evidente del suo disturbo. samsung custodia original All’inizio la cosa mi scandalizzò e temevo che proponesse anche a me le stesse pratiche, invece mi accorsi del suo rispetto verso chi non era interessato a quei rapporti. Quella che all’inizio ritenevo fosse un’infermità incontrollabile divenne invece la diversa tendenza sessuale di una persona che forse non era così malata.

Il mio inevitabile percorso verso l’omofobia dirottava verso aperture mentali più ampie.

Nel frattempo anche la mia chiusura verso la musica lirica subiva delle variazioni. iphone cover outlet Se l’Aida non smosse di un millimetro il mio pregiudizio verso quel genere la Turandot, invece, aprì un varco. Come anticipato dal capocomparse mi fu assegnato il ruolo di uno dei fustigatori. Entravamo in scena verso la fine del secondo atto chiamati da Turandot stessa: “Percuotete quei vili!” ci ordinava e noi, per pochi istanti sul palcoscenico, frustavamo la folla composta da elementi del coro e da figuranti. Per quella breve apparizione dovevo essere pronto dietro le quinte già alla fine del primo atto. Questo mi obbligava ad ascoltare ogni volta il secondo nella sua completezza. custodia outlet samsung s8 Ci misi un po’ ad ammetterlo però alla fine quella musica era piacevole. E cominciavo ad apprezzarla talmente che un paio di volte rimasi ad ascoltare anche l’inizio del terzo atto perché dagli spogliatoio mi aveva incuriosito l’aria “Nessun dorma”.

Allora frequentavo un gruppo di amici che amavano il rock e insieme a loro cominciavo ad affinare i miei gusti prediligendo il progressive. Aprivamo spesso delle discussioni mettendo sui piatti della bilancia i Deep Purple e i Led Zeppelin, i Genesis e i Jethro Tull. Litigavamo per stabilire chi era più veloce tra Alvin Lee o Ritchie Blackmore o se Keith Emerson avesse fatto bene o no a sciogliere The Nice e unirsi a Lake e Palmer. Erano polemiche senza fine e senza vincitori e vivacizzavano i nostri incontri preserali sotto casa. Una volta provai a dire che in fondo anche la lirica aveva i suoi lati positivi e che c’era una canzone nella Turandot che era niente male. Cominciarono a prendermi in giro e riuscii a limitare i danni grazie a mia madre che mi chiamò per la cena. Non ripresi più l’argomento: era tempo perso. Però continuai a fermarmi dietro le quinte anche nel terzo atto per ascoltare Calaf sostenere che l’alba lo avrebbe visto vincitore.

Nonostante avessi imparato ad apprezzarla, non è mai scattato per la musica lirica lo stesso amore scatenatosi per il rock o - anche se in modo meno intenso e più avanti negli anni - per la musica classica. L’esperienza del teatro dell’Opera servì però per smettere di demonizzare qualcosa solo perché estraneo alle mie conoscenze o perché marchiato da un giudizio superficiale suggeritomi da altri.

Oggi mi piace immaginare che in casa di almeno uno tra gli amici che mi presero in giro quella sera sotto casa, in una delle tante compilation di brani famosi, in una versione cantata da Pavarotti o da Michael Bolton, da Carreras o da Al Bano, esista la romanza “Nessun dorma”.

One Response to “Savile Row - Malintesi uno (Turandot)”

  1. Savile Row - Malintesi due (Aida) Says:

    [...] la digressione nel mondo della lirica per l’appuntamento con Savile Row. Dopo la Turandot della puntata precedente è la volta dell’Aida di interrompere la carrellata sulla musica rock anni settanta curata da [...]

Lascia un commento

Devi essereloggato per inviare un commento.





Learn about an online pharmacy with the best prices. Doctor consultation Canada pharmacy `]@ buying cialis cheapest prices and best deals. 2014 entertaiment Canada pharmacy )'} medicines online works with a drugstore. Quality of medicines is one of the criteria that guide the client us pharmacy "[: order viagra professional We constantly offer promotions for our customers. The details of the bonus program, see Special Offer. A catalog of medical and cosmetic products with descriptions. Thematic categories, search by alphabet and key words. All in Canada pharmacy |&& Canadian drugs . After ordering you will always be aware of what's going on with him.