Riuscire ad organizzare la sfida non era stato affatto semplice, pensò Giuseppe osservando i giocatori seduti ai lati della scacchiera, attorniati da un pubblico attento non solo ad ogni loro mossa, il che sarebbe stato ovvio, ma anche a tutto ciò che avrebbe potuto farle intuire a priori, dai minimi gesti ai mutamenti della mimica facciale.
Il circolo degli scacchi era uno dei luoghi più attivi del paese, e organizzava spesso tornei fra i suoi soci, ma Amos, che era il miglior giocatore in assoluto del circondario, campione riconosciuto e vincitore di numerose gare anche a livello regionale, si era sempre rifiutato con ostinazione di prendervi parte, con grave disappunto di Giuseppe che, in qualità di presidente dell’associazione, aveva tentato di tutto per fargli cambiare idea.
Esisteva però un motivo che spiegava l’autoesclusione di Amos da tutte le attività del circolo, ed era un odio atavico che correva da tempo immemorabile fra lui e Donato, il vicepresidente, oltre che uno dei più abili scacchisti del paese, se non il migliore, per cause che risalivano a vecchi rancori familiari di cui solo i più anziani del paese erano forse in grado di ricostruire l’origine.
I soci più giovani del circolo degli scacchi, ai quali ...