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Trattoria Rosellini - Domenica, chiusura.

Categoria: Assaggi, suoni, visioni e letture, Narrazioni, Trattoria Rosellini
Postato da: zaphod

Trattoria Rosellini

[TRATTORIA ROSELLINI si legge nero su giallo in caratteri desueti e sotto, in piccolo, aggiunto a mano con la pennellessa del trenta, BAR e BOCCE. Le vicende della trattoria sembrano susseguirsi senza che nessuno avverta lo scorrere del tempo e il cambiare delle epoche. Marco Berrettini continua a raccontarci le storie del locale in cui tutti - almeno una volta - vorremmo trovarci a passare per caso.]

La Trattoria Rosellini di domenica è chiusa, ma non per questo non si lavora. Dopo avere fatto l’inventario del bar e della cucina, compilato la lista di ciò che manca dividendo tra supermercato e fornitori, preparato il menù della settimana e fatti due conti, comincia la vera giornata.
Pinuccio t’he finì de mèt i cadreghe su i taul? Va che te fu minga ‘nda via, te capì? Te la dù mì la partida, alura?
Son su, son su e ho spazzato dappertutto, fam minga diventà matt. Adesso vado, devo passare a prendere Sebino, abbiamo appuntamento a mezzogiorno in De Angelis con gli altri.
Le sedie, rovesciate sui tavoli, sembrano sottili braccia protese al cielo, in un angolo la ramazza di saggina, il secchio e lo spazzolone. Ogni sera prima della chiusura alle pulizie ci pensa Mioara, la domenica sarebbe superfluo, ma alla Rosa piace essere certa che non sia sfuggito nemmeno un granello di polvere, una briciola, non vuole dare facile terreno di conquista a formiche o scarafaggi o, ce ne scampi il cielo, topi. Lava e disinfetta, poi ripassa con acqua e cera e infine, con una vecchia lucidatrice di quelle pesanti degli anni sessanta, fa splendere il pavimento in marmo nero. Le imperfezioni del tempo si integrano con il disegno naturale della pietra e donano un alone di austerità al locale. Prima di mezzogiorno è tutto a posto, allora la Rosa si chiude in cucina e si fa due uova all’occhio di bue. In una padella bassa e larga fa sciogliere un pezzetto di burro a fuoco lento, sale, pepe, un pizzico di noce moscata e un grosso spicchio d’aglio schiacciato che poi toglie. A volte lo mangia, altre lo butta, ma non lo lascia mai. Le uova le spacca con un colpo secco sul marmo bianco del piano di lavoro e le apre con due mani lasciando cadere tuorlo e albume dall’alto, in modo che il rosso sia sempre bene in centro. Alza il fuoco e per tre, quattro minuti osserva le molecole trasformarsi col calore. Spegne, aggiunge dei piccoli pezzetti di formaggio sull’albume, chiude con un coperchio e attende ancora qualche minuto. Nel frattempo si versa mezzo bicchiere di Barbera e spezza una michetta. Mangia direttamente dalla padella usando un forchettone di legno, poi lava tutto con cura, controlla ancora una volta che nulla sia fuori posto e verso le dodici e trenta spranga le porte e sale nel suo appartamento a sentire la radio.
Se ci sono ascolta le partite, come una volta, quando il povero Augusto si sistemava sulla poltrona verde, metteva i piedi sul tavolino di cristallo e alzava il volume e lei preparava il caffè e un dolce per la sera. Se segnava il Milan erano baci e se vinceva il derby notti sbronze d’amore al ritorno dal cinema. Il primo spettacolo serale, film italiani, comici, divertenti, perché c’era bisogno di ridere per affrontare la settimana. Lui era impiegato in una trafileria di Villapizzone, al di là della ferrovia, lo conobbe tra i tavoli, ai tempi dell’austerity. Da un paio d’anni aveva finito le magistrali, non aveva trovato che qualche supplenza e così suo padre l’aveva convinta a lavorare con loro. Un po’ in cucina con mamma Luigina e un po’ a servire con lui. Augusto, a quell’epoca aveva venticinque anni e si stava per ammogliare, ma un pollo alla cacciatora cambiò il suo futuro. Si sposarono due anni dopo e subito Rosa rimase incinta di Pinuccio.
La Rosa si sistema in poltrona, appoggia i talloni sullo sgabello e sorseggia il caffè. Un po’ di canzoni dell’ultimo Sanremo, qualche chiacchiera stupida tra conduttore e ascoltatori prima dei calci d’inizio e lei si appisola con la tazzina in grembo. Sogna soffritti e pasta fresca da tirare, la farina annebbia il panorama, tra i tavoli si alternano le facce dei clienti di oggi, di ieri, di domani, sua mamma in cucina la sgrida per una crosta di grana che ha buttato, Pinuccio scivola e rovescia una zuppa di lenticchie, Augusto la bacia nel cortile e lei lo tiene a distanza con un mestolo rosso di ragù.
Un grido dall’inviato a San Siro, Gattuso ha segnato di destro, uno a zero. Stropiccia gli occhi, si stiracchia, raggiunge la bottiglia della grappa, ne versa un sorso nella tazza del caffè e pensa a quel tonto di Pinuccio che starà strillando a squarciagola e domani marcherà visita al lavoro, bene così l’aiuterà di sotto. Beve il resentin e dà un bacio alla foto del marito, meno male che domani è lunedì.


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