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Vita e opere di Sebastiano Perduto (ep. 8)

Categoria: Assaggi, suoni, visioni e letture, Novella a puntate
Postato da: Torquemada

[Dopo un'assenza prolungata, ritorna l'avvocato che si ama o si odia, che genera scandalo parlando di sesso estremo o non nascondendo il suo cinismo. Ecco l'ottava puntata della vita di Sebastiano Perduto. L'autore è Roberto Cerisano]

«Pronto.»
«Avvocato Perduto? Sebastiano? Sono Vincente, Oscar.»
«Sì Vincente, sono impegnato un minuto, puoi aspettare? mi libero e sono da te. Un minuto Vincente.»
Cronometro.
Qui la piramide non c’entra, questa è tecnica. Prima che lo radiassero definitivamente, l’avvocato da cui ho fatto pratica mi faceva cronometrare le telefonate: «Chi attende vuole trattare.»
L’importante è che la volontà di trattare ci sia, poi un gentlemen agreement si trova. Due minuti bastano.
«Vincente, che mi dici? La chiudiamo questa stronzata?»
«Ma certo Sebatiano, e che stiamo a perdere tempo? la Alito si espone per duemila, a condizione che trovi un accordo e chiudi con la signorina. La Alito non vuole essere tirata in causa ne da te ne dai suoi dipendenti. Chiudi con la signorina. Le ho parlato e ti chiamerà nel pomeriggio. Le ho promesso che non l’avremmo licenziata se chiudeva questa cosa. Quindi vacci piano, mi raccomando.»
«Oscar, io voglio arrivare a tremila, chi me li da per me è del tutto indifferente. Se la differenza la tira fuori la ragazza siamo a cavallo. Altrimenti di’ a quelli della Alito di non fare gli stronzi.»
«Tu parla con la ragazza. Ti chiamo dopo.»

Ecco! Un accordo. E che ci vuole.
La storia è tappezzata di accordi. La gente si incontra si scontra, si discute ci si inalbera ma poi bisogna andare avanti. Chiudere i conti aperti e ripartire. Non coltivare rancori inutili. Tagliare col passato. Progettare il futuro prossimo senza l’intralcio di ormeggi arrugginiti. Amorino mio bello, mettiamoci d’accordo. E che ci vuole! gli avvocati sono ingannatori, lo sai, mi conosci. Non ti fidare. Gli avvocati inseguono i chiari sentieri degli interessi del cliente attraverso strade che intrecciano le impenetrabili ragioni del tornaconto personale. La maggior convenienza per sé guiderà la loro penna, al prezzo delle sofferenze di chiunque sia coinvolto, a partire dal cliente. Perché lo sanno, alla fine il cliente sarà loro grato, comunque andrà a finire, per il solo fatto che è finita. Dura lex sed lex, spesso dicono ai loro assistiti, con il giusto tono intenso, che intende responsabilità diffuse nel sistema, che tutti, anche il povero legale, sovrasta e sommerge.
“E che ci posso fare” confessa il leguleio comunque vadano le cose. Il procuratore si scusa. Perché il cliente ha sempre torto, c’è sempre qualcosa che egli ha fatto o detto o omesso che impedisce la completa ragione dei torti, una soddisfazione anche solo morale.
Amorino accordiamoci, torna a casa con la piccola, io sto qui che vi aspetto, cambiato già nel pensiero sarò un uomo nuovo, un Sebastiano che si è strappato i dardi dalla coscia per riprendere il cammino con te e la bimba. Ecco, quasi non ci credo neanch’io, mi sento più leggero e giusto con te al mio fianco. Combatteremo tutti gli avvocati che ci avversano e vinceremo, marceremo uniti contro Alito e Refolo, riprenderemo possesso del nostro terrazzo con roncola cesoie e DDT, andremo avanti amore mio, sordi del vociare condominiale voleremo giusto a pelo del pettegolezzo di scala e dall’alto una sonora risata travolgerà chi ci vuol male.
Oddio santo come mi sento ispirato e giusto e bendisposto. Sopratutto quando mi affaccio nel mio terrazzo all’ultimo piano del caseggiato che abito. Percorro la notevole profondità del balcone fino al muretto-ringhiera che da tanta parte de l’ultimo orizzonte il guardo esclude. Mi affaccio e sputacchio i passanti che passano, repentinamente riparando al di qua del muretto-ringhiera, a volte invece, più fortunato, posso sollazzarmi alla vista delle belle poppe della pasticcera dabbasso, una bella siciliana con due borracce tanto sempre in gran mostra. Poiché mi trovo molto in alto mi tocca ricorrere allo zoom elettronico della mia digitale e incorniciare con un clic il momento di carne.
Ma giuro amore mio, non lo faccio più, che possa rimanere qui paralizzato, nel mezzo del terrazzo infestato, alla mercé di api lucertole e zanzare.

«Sì signorina, o signora, sono Perduto, un participio passato, ma so esattamente dove mi trovo in questo momento».
«Mi scusi?»
«Certamente, la scuso, di qualunque cosa, chiunque lei sia, stavo giustappunto riflettendo che sto bene e mi sento bendisposto, e il caso ha voluto che un’estranea possa immediatamente godere di questa inclinazione. Ah, lo sapesse l’amore mio come da subito ho modificato me stesso… Lei glielo direbbe… vero?»
«Mi scusi, credo di aver sbagliato numero, stavo cercando l’avvocato Perduto…»
«Ah! è un peccato. Lei cerca l’avvocato, non l’uomo, e allora e tutto un altro paio di maniche, mia moglie capirà. Lei capisce? l’uomo è più flessibile adattabile, si storce e contorce, piega flette asseconda fino a ben aderire al momento, all’esigenza, alla contingenza, rinuncia a sé stesso perché sa che comunque si ritroverà, primo a poi, da qualche parte. L’avvocato e tutta un’altra storia signorina, o signora?, è una ruolo che richiede fermezza, quasi rigidità, convinzione. Un’idea fissa direi. Lei capisce.»
«Senta avvocato, l’ho riconosciuta, lei è l’avvocato Perduto…»
«Certamente, sono io.»
«Bene, lei ha sempre voglia di prendersi gioco degli altri. Io sono Valeria Precario, della Alito, l’avvocato Vincente dovrebbe averle annunciata la mia chiamata.»
«Sì, lo ha fatto. Ma mi dica, da dove mi chiama?»
«Da dove chiamo? da Roma, perché?»
«Bene, Valeria Precario, di Roma, signorina o signora?»
«Non sono sposata, ma credo che questo non la riguardi. Io l’ho chiamata per…»
«Eccome se m’interessa, lei ha voluto parlare con l’avvocato, lo ricordo bene, e ciò impone di sapere sempre con chi ho a che fare, devo fare domande. Ha figli a carico?»
«Senta avvocato, io desidero solo mantenere il mio posto almeno fino alla scadenza del contratto, ne ho bisogno e sarebbe opportuno che lei si accordasse con il suo collega, che tra di voi vi capite.»
«Lei è fredda signorina, caustica e sarcastica.»
«Lei non sa niente di me, come sono e perché. Se crede chiuda questa storia, non starò certo ad implorarla, la saluto.»

Ecco fatto, ora sono seccato, proprio. Ma che maniere?!
Volevo essere comprensivo e disposto verso la situazione di questa donna, un mestiere a tempo determinato, senza contribuzione, senza futuro. Ero tutto compassionevole, volevo prestarle, anzi, il mio appoggio legale, magari fare una cordata di suoi colleghi e insieme muovere contro l’impresa, e farci restituire quanto ci rubano tutti i giorni, speculando, cumulando profitti sul lavoro non pagato…

One Response to “Vita e opere di Sebastiano Perduto (ep. 8)”

  1. big one Says:

    il ragazzo cresce bene

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