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@zaphodAS - Il Profumo dei Pixel

Categoria: Interpretazioni, zaphod blog
Postato da: zaphod

[di Massimiliano Lanzidei]

Non passa giorno senza che da qualche parte venga pubblicato un commento sul piacere di leggere un libro cartaceo rispetto alla freddezza asettica di un qualsiasi supporto digitale. Dopo aver raccolto un certo numero di indizi mi sono convinto che la faccenda deve avere un’origine esclusivamente olfattiva. Ci deve essere qualcosa di inebriante nelle componenti della cellulosa.

Indizio a carico numero 1: il mio edicolante di fiducia ne è convinto, lui è un addetto ai lavori, ne sa più di me, mi guarda complice, sicuro di trovare il mio accordo. “È una bolla di sapone,” dice, “un giochetto che stanca, passata la novità si ritorna alla tradizione, vuoi mettere la sensazione di sfogliare le pagine, l’odore della carta.”

Indizio a carico numero 2: pure il mio amico libraio è assolutamente sicuro dell’effimera consistenza del digitale. Se provo a parlargli di ebook alza il sopracciglio e prende in mano il primo volume che gli capita sotto tiro, me lo sfoglia davanti e lo annusa.

Indizio a carico numero 3: a Vicenza, al Forum del Libro, pure Ilvo Diamanti durante il suo intervento, parla del “profumo della carta”, guarda caso, proprio mentre sto iniziando a buttare giù questi appunti.

Da ragazzini facevamo che “ogni tre calci d’angolo era rigore” e da grande ho spesso sentito dire che “tre indizi fanno una prova”. La saggezza popolare imporrebbe di chiudere qui la questione. La carta stampata vince sull’elettronica. Leggere è questione analogica e non digitale. cover iphone custodia Il gusto non viaggia su adsl. Punto. Fine. iphone 7 custodia outlet Morta lì.

Però - a parte il fatto che la storia dei calci d’angolo e degli indizi non trova riscontro in nessun regolamento calcistico o codice civile né, tantomeno, penale - qualcosa che non quadra c’è sempre.

La segnalazione dell’affermazione di Diamanti, tanto per dirne una, m’è arrivata via Twitter sull’iPad. Il mio amico libraio - che ha scoperto il computer e internet solo perché obbligato da una contemporaneità che ormai lo sovrasta - mi bombarda su Facebook di avvisi di eventi e iniziative cui solo raramente posso partecipare. E - da ultimo, ma in maniera più sottilmente strisciante e perturbante - l’edicolante di cui sopra, cambiando solo apparentemente discorso, apre Repubblica e ricorda i tempi in cui, col Corriere della Sera, gareggiavano a sbandierare tirature stratosferiche. Me lo ricordo pure io quando, da ragazzo, aprivo il giornale e leggevo: tirato in un milione di copie! Poi un milione e due, e anche uno e tre. Adesso apre il giornale, lo sfoglia e mi indica una cifra: si passano di poco le quattrocentomila.

Il digitale avvolge le nostre vite, cambia le nostre abitudini, si insinua nei nostri gesti quotidiani.

Eppure, rimane ancora, incrollabile, il mito dell’odore della carta, il ruvido della pagina e il frusciare dei fogli rilegati a colla.

Leggere in digitale è scomodo e contronatura.

Provare a sostenere il contrario è impresa a volte durissima. Il rischio principale è quello di apparire, agli occhi di serissime e autorevolissime figure di intellettuali, come ragazzini infatuati della tecnologia. Cosa che in effetti - in qualche modo - siamo.

Poi però uno si ferma e riflette.

Un paio di anni fa, in occasione di una partecipazione al festival Lib(e)ri sulla Carta (e di nuovo si torna a parlare di carta), mi è capitato di visitare l’abbazia di Farfa in cui sono esposti dei manoscritti medievali ottimamente conservati. Ora - a parte la dovuta considerazione per lo sforzo di un numero incredibile di amanuensi che nel corso dei secoli si sono prodigati per la trasmissione di quello che oggi costituisce il nostro Dna culturale - la riflessione automatica riguarda proprio la natura dell’oggetto libro. Certo, avere un tomo di quelli in bella mostra nel salotto di casa, accarezzarne le pagine, aspirare l’odore del tempo avvicinando il naso alla carta, mostrarlo con orgoglio agli amici, sarebbe sicuramente un’esperienza indimenticabile. Rimane un po’ difficile però rimpiangere l’odore dei secoli a discapito della comodità di un’edizione tascabile. samsung custodia outlet Magari portare a scuola il volume dell’Inferno di Dante annotato da Sapegno nello zainetto rimane un po’più comodo e alla portata di tutti. Non tutti infatti - in questi sciagurati anni dieci, in cui si è perso il gusto delle cose fatte a mano - sono in grado di conoscere in quale monastero andare a cercare un’edizione della Commedia non a stampa. Per non parlare delle difficoltà per raggiungerla.

Fortunatamente i tempi - come direbbe Bob Dylan - stanno cambiando e la natura del libro (nella forma a stampa tipografica come la conosciamo oggi) in qualità di oggetto tecnologico comincia a essere accettata e riconosciuta un po’ da tutti. Ci sono saggi - imprescindibile a questo proposito La quarta rivoluzione di Gino Roncaglia (Laterza, 2010) - che raccontano, analizzano e auspicano la convivenza tra libri cartacei ed elettronici grazie allo sviluppo dei nuovi dispositivi di lettura portatili (tablet, ereader). Ci sono le case editrici - Riccardo Cavallero, direttore generale di Libri Trade Mondadori, ha dichiarato che a breve tutto il loro ragguardevole catalogo sarà disponibile sotto forma di ebook a prezzi contenuti - che sempre più sono impegnate nel cavalcare l’onda digitale. Ci sono i lettori, più o meno forti, che non disdegnano di sperimentare la lettura sui nuovi formati digitali anche di narrativa e saggistica, dopo essere transitati incolumi per le strade della consultazione online di quotidiani e settimanali.

Tutto lascia supporre che, in un prossimo futuro, il gap sarà colmato e leggere un libro in ebook sarà pratica quotidiana, accettata e utilizzata senza remore.

Basterà questa cosa a soddisfare i feticisti della carta stampata? Non esisterà sempre un latente senso di colpa - anche in noi sostenitori della legittimità della lettura elettronica - per il mancato possesso della copia cartacea? Non apparirà comunque la scelta di leggere un ebook - quantunque giustificata dalla qualità dell’esperienza di lettura, dalla facilità di accesso a un catalogo sterminato, e dal costo contenuto - non sembrerà comunque sempre una scelta di ripiego?

La strada - e di conseguenza la risposta a questi interrogativi - è ovviamente già tracciata. È scritto nella natura del mezzo digitale che la possibilità di consultazione e di inserimento di contributi multimediali ampliano notevolmente le capacità di un ebook rispetto al suo antenato cartaceo. cover iphone 6 plus custodia outlet È pure vero che, allo stato attuale, anche i migliori e più avanzati tentativi di creare ebook arricchiti, sembrano versioni evolute di semplici libri illustrati. Alla richiesta di indicare un ebook all’avanguardia e ben fatto, che renda l’idea dello stato dell’arte attuale, la quasi unanimità dei giudizi cade su Our choice di Al Gore, pubblicato a inizio 2011, in cui l’ex-vicepresidente Usa riprende e arricchisce una pubblicazione di un paio di anni prima in cui affrontava il tema dei cambiamenti climatici. Quelli che in un testo stampato sarebbero solo riquadri fotografici, in questo contesto prendono vita sotto il tocco delle dita del lettore e si animano in filmati, testimonianze o grafici che si scompongono e ricompongono al passare dei polpastrelli sulla superficie dello strumento di lettura che si sta usando.

Ripeto: il tipo di esperienza è ancora molto simile a quella di sfogliare un enciclopedia illustrata, ma altri segnali di un approccio che tenta di utilizzare il mezzo tecnologico nelle sue caratteristiche distintive si possono rintracciare qua e là per la rete. custodia outlet samsung s8 E non dovrebbe sembrare troppo strano che i tentativi e le sperimentazioni più interessanti e riuscite siano opera di artisti visuali. Per esempio, Melina Sydney Padua - fumettista e artista inglese - ha pubblicato una graphic novel steampunk ambientata nell’Inghilterra vittoriana (Lovelace & Babbage, Agant Ltd, 2011) in cui, se teniamo il tablet in verticale, leggiamo una normale storia illustrata in bianco e nero, ma se lo ruotiamo in orizzontale si aprono una serie di contenuti speciali. Possiamo quindi seguire una sorta di dietro le quinte del fumetto, approfondire la conoscenza dei personaggi storici o consultare illustrazioni tratte da riviste d’epoca, oppure la documentazione che è servita all’autrice nella scrittura della storia. Tornando alla Divina Commedia da portare a scuola, è come se potessimo leggere il testo - nudo e crudo, così come Dante lo ha scritto e sicuramente avrebbe voluto farlo leggere - per una volta scevro da numeri di nota in apice e piè di pagina ingombranti per poi, ruotando il dispositivo, far apparire le note, il commento di Sapegno o, a scelta, quello di De Sanctis, e magari anche la possibilità di ascoltarlo declamato da Carmelo Bene o Benigni.

Ancora niente di nuovo sotto il sole, dunque. Salvo una maggiore consapevolezza e leggerezza nell’uso del mezzo digitale. Leggerezza che sembra essere lo scopo di un altro illustratore, stavolta americano, Chris Ware che, tramite la casa editrice McSweeney’s, ha rilasciato una breve storia a fumetti che spinge un passo oltre la fruizione dell’opera e apre nuovi stimolanti scorci. Touch sensitive infatti - un raccontino di atmosfera minimale tra Raymond Carver e Adrian Tomine - si sfoglia come un normale ebook, passando il dito sullo schermo dal lato destro del tablet verso il centro, ma lo sfioramento dello schermo solo in alcuni casi provoca il normale cambio di pagina. Molto più spesso fa apparire allo sguardo nuove vignette nella tavola che già avevamo davanti, o leggére modifiche nelle vignette che già stavamo guardando, creando un’atmosfera di immersione nella pagina molto funzionale al ritmo della storia che si sta leggendo.

Ruotare lo schermo, picchiettarlo col polpastrello, premerlo o solo sfiorarne la superficie con delicatezza sono gesti e sensazioni tattili che stanno entrando nella nostra esperienza di lettura con una naturalezza insospettabile fino a un decennio fa. Lo stanno facendo stimolando la nostra curiosità, spingendoci a grattare la superficie per far venire fuori quello che forse c’è nascosto sotto.

Sicuramente un iPad non è la lanterna di Aladino, e sfregandolo non possiamo aspettarci di vederne venir fuori un genio asservito ai nostri voleri, ma l’uso consapevole dei nuovi strumenti digitali - al di fuori dei facili trionfalismi degli integrati delle nuove tecnologie - può forse aggiungere qualche possibilità di espressione in più a quel vecchio vizio che abbiamo fin dagli albori della nostra civiltà.

One Response to “@zaphodAS - Il Profumo dei Pixel”

  1. Woltaired Says:

    L’odore dei libri …http://londonse4.wordpress.com/tag/tecnica-degradomica/

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