Anonima scrittori


Affinità e convergenze tra il compagno Pennacchi e noi

Categoria: Interpretazioni, Sulla letteratura
Postato da: Torquemada

[Scritto di Graziano 'Torque' Lanzidei - Zaphod Remix - sulle 'Questioni Anonime' che Pennacchi aveva scritto a Maggio. E' passato molto tempo da allora e tante cose son successe - Pennacchi ha vinto il Premio Strega - ma era doveroso chiarire che importanza ha avuto, e ha tuttora, l'autore di Canale Mussolini per tutti noi. Alcuni riferimenti potrebbero essere poco chiari, altri forse troppo 'scolastici'. Speriamo che, a questo intervento, ne seguano degli altri, in maniera tale che 'Questioni Anonime' possa diventare un vero e proprio manifesto dell'Anonima Scrittori. Per chi volesse approfondire, ecco il primo intervento di Pennacchi]

PRIMO CONTATTO.

Poco più di sei anni fa, per motivi che non sto qui a precisare, con Massimiliano – Zaphod, mio cugino – c’eravamo trovati ad avere parecchio tempo a disposizione. Tra le altre cose, partecipavamo ad un progetto di scrittura sulla rete che si chiamava Ipertrame. Era organizzato su Virgilio.it da Wu Ming 2, Carlo Lucarelli ed Enrico Brizzi. Dopo settimane d’impegno, di scrittura, di confronto con gli altri partecipanti, l’esperienza arrivò alla sua naturale scadenza. C’era pure la promessa di una pubblicazione, dei capitoli selezionati e del finale aperto. Certo una bella soddisfazione, ma non ci bastava. Volevamo scrivere, volevamo continuare a confrontarci e scherzare sul forum, insieme agli altri partecipanti. Niente da fare: progetto finito. <<Morta lì>> e il senso dell’espressione lo capiremo solo anni dopo.

Dopo non molto tempo, in piena astinenza da scrittura, quando si stava nella nostra tana preferita – l’Heaven Pub, dove di fatto è stata concepita l’Anonima -, Massimiliano mi disse di una sua idea, a cui pensava da tempo: “Perché non scriviamo, e facciamo scrivere, dei racconti ispirati a delle macchie, come il Rorschach?”. A me l’idea piacque subito, e decidemmo di coinvolgere altre persone. Piermario De Dominicis e Carlo Miccio in primis. Il sogno, nascosto nemmeno un po’, era quello di coinvolgere  Antonio Pennacchi che non conoscevamo ancora ma avevamo avuto modo di apprezzare leggendo Palude e Il Fasciocomunista. Il primo tentativo di approccio, affidato a Piermario, andò male. “Ma già ho le macchie mie a cui pensare, come faccio a dar retta pure alle vostre?”. Almeno così ci riferì il nostro libraio di fiducia. Noi decidemmo di andare oltre il Rorschach, ancora prima di iniziare, e decidemmo di dare un nome a questa nuova creatura. Ricordo una lista lunghissima prima dell’illuminazione: Anonima Scrittori.

L’ORIZZONTE SI AMPLIA.

“L’orizzonte d’attesa di un’opera, che in tal modo si ricostruisce, rende possibile la determinazione del suo carattere artistico in base al modo ed al grado della sua efficacia su un determinato pubblico. Se si designa come distanza estetica il divario fra l’orizzonte d’attesa dato e l’apparizione di una nuova opera, la cui ricezione può avere come conseguenza un ‘cambio di orizzonte’ a causa della negazione di esperienze consuete o della presa di coscienza di esperienze mai espresse, allora tale distanza estetica può essere oggettivabile storicamente in base allo spettro delle reazioni del pubblico e del giudizio della critica (successo immediato, rifiuto o choc; consenso isolato, comprensione lenta o ritardata).” (Hans Robert Jauss nel libro “Perché una storia della letteratura?”)

L’avvicinamento di Pennacchi all’Anonima Scrittori l’ha raccontato già lui nel piccolo saggio ‘Questioni anonime’. Inutile aggiungere altro. Pensando al suo ingresso, mi viene in mente Jauss e l’estetica della ricezione. Perché Antonio Pennacchi ha avuto, tra gli altri che gli devono essere ascritti, un grande merito: cambiare il nostro orizzonte d’attesa. E’ inutile negarlo: c’è un’Anonima Scrittori avanti Pennacchi e c’è un’Anonima Scrittori dopo Pennacchi. Piaccia o non piaccia, da ‘teppisti della letteratura’ – così fummo definiti dopo le nostre prime apparizioni di gruppo – siamo diventati operatori letterari tout court. Questo ‘cambio di orizzonte’ non è stato un gioco da ragazzi. Si è trattato di una lunga e faticosa marcia, che non ci ha risparmiato defezioni, lotte interne, addii dolorosi. Alcune delle decisioni prese, mi auguro che un giorno avranno un senso anche per chi ha fatto fatica, e/o fatica ancora, a comprenderle.

Qual’era l’orizzonte dato? Spontaneismo punkeggiante, reading all’arma bianca, maratone letterarie in cui tutti leggevano a tutti gli altri. All’inizio della nostra nuovissima esperienza sentivamo l’impellente necessità di creare o, meglio ancora, di comunicare quello che avevamo da dire. L’abbiamo fatto strillando con quanto più fiato avevamo in gola. E non è soltanto una metafora, basti pensare allo storm reading sotto i portici in occasione della nostra partecipazione al Newton Fest, insieme a Vitaliano Trevisan che si lasciava trasportare ma ci guardava tra il sospetto e l’incuriosito. Quando siamo nati, poco più di sei anni fa, non c’erano tutti i gruppi di scrittura che ci sono adesso. O perlomeno non li conoscevamo. A me risulta che, come Anonima Scrittori, non ce n’era nemmeno uno. C’erano i Wu Ming e i Kai Zen, è vero, ma erano ben altra cosa rispetto a noi. Loro erano gruppi di scrittori finiti – il senso è solo matematico/algebrico –, noi volevamo essere un collettivo, con il limite che tende all’infinito. Per diventare questo, però, avevamo bisogno di regole di convivenza e di un modus operandi. Così c’eravamo trovati a comunicare in maniera originale, delineando poi uno stile che è proprio di tutti i nuovi gruppi letterari che si affacciano al mondo: organizzazione di reading, pubblicazioni autoscritte autofinanziate e autoimpaginate, una particolare fissazione nel ‘coltivare’ i contatti. Del mensile del Rorschach conservo ancora tutte le copie: sembrava uscito direttamente da un ciclostile degli anni 70, solo che la copertina aveva la carta patinata. Parlavamo di ‘orizzontalità’ – nessun vertice e decisioni condivise – e discutevamo spesso se e come poter ideare progetti che avessero alla base una selezione di qualità. E la selezionavamo nella maniera che ci era sembrata la più democratica possibile: le elezioni. Con il risultato che ognuno votava il suo, di racconto, e si rimaneva, più o meno, al punto di partenza. Andavamo a tentoni, cercando di capire quale potesse essere il nostro futuro. Sentivamo di volerne uno ma non conoscevamo il mondo della scrittura, tantomeno quello dell’editoria. Volevamo andare da qualche parte insomma, ma non sapevamo dove.
E allora cercavamo di procedere in ogni direzione consentita.

Il cambiamento d’orizzonte non è certo avvenuto dall’oggi al domani. Nemmeno la conversione di Manzoni è avvenuta in un istante, dentro la Chiesa di San Rocco a Parigi quando s’era perso Enrichetta Blondel in mezzo alla folla. Chissà da quanto ci pensava Manzoni, al suo rapporto con Dio. Pure noi, parlando e confrontandoci con Pennacchi, leggendo quello che scriveva nelle sue opere, sul forum e nei suoi articoli, facendo la somma di tutte le nostre esperienze ‘artistiche’, siamo arrivati alla consapevolezza di aver cambiato il nostro orizzonte. Così come successe a Manzoni, anche noi, un giorno, riflettendo sul cammino fatto, ci siamo resi conto che l’orizzonte dato aveva lasciato il posto al nuovo. Non procedevamo più a caso, ma avevamo preso una direzione ben precisa.

Dobbiamo scrivere, è nella nostra ‘ragione sociale’, e dobbiamo farlo ben sapendo quali sono le regole del gioco più generale. I libri di racconti collettivi, a livello di case editrici, hanno poco mercato. I nostri progetti sono una palestra d’allenamento. L’Anonima Scrittori può essere considerata uno stimolo continuo e un luogo di confronto. E’ un laboratorio permanente tra scrittori che vogliono crescere insieme. La crescita, però passa attraverso il romanzo individuale o collettivo. Cronache da un pianeta abbandonato è un progetto cardine. Non possiamo prescindere. Perché quello che qualifica l’Anonima Scrittori come uno dei gruppi culturali più interessanti del panorama nazionale, sono le due pubblicazioni fatte – Storie di (r)esistenza e Il bit dell’avvenire - il primo capitolo pubblicato su Nuovi Argomenti, rivista della Mondadori, la citazione all’interno del romanzo Accanto alla tigre di Lorenzo Pavolini, finalista al premio Strega, e la collaborazione con Antonio Pennacchi, che lo Strega l’ha vinto con il suo Canale Mussolini, che è evidenziata a tutti proprio dal laboratorio delle Cronache.

I reading meritano un discorso a parte. Ne abbiamo fatti decine e abbiamo acquisito tanta esperienza. Cogliamo gli umori del pubblico, percepiamo quando la soglia d’attenzione s’abbassa, nella sterminata produzione dell’Anonima, racconto per racconto, siamo coscienti di cosa possa funzionare e cosa no. Sappiamo che per il pubblico il senso dell’evento cambia quando c’è un prodotto conosciuto ed apprezzato. Il resto, come direbbe qualcuno, è fuffa. <<Che ci andate a fare?>> ci avrà ripetuto centinaia di volte lo stesso Pennacchi. Questo non vuol dire che abiuriamo quello che abbiamo fatto. Ogni singolo reading, anche quelli meno riusciti, ci hanno regalato una consapevolezza in più. Ci sono stati momenti belli e divertenti. Diverse sono state le persone che abbiamo avvicinato, anche se la dimensione è rimasta per molto tempo sempre la stessa: un gruppo di pazzi che si divertiva – stiamo parlando di sei anni fa – a dar vita a momenti ’strani’. “Molto anni ‘70”. Nel tempo il reading è diventato un vero e proprio spettacolo – l’abbiamo chiamato concerto lettura – e tutti quelli che l’hanno visto ne hanno sempre parlato bene. Per carità, potrà sempre servire in futuro. Ma nel DNA dello scrittore, o aspirante tale, non c’è il reading, c’è la scrittura. E noi dobbiamo concentrarci su quello.

Il modo in cui farlo ce l’ha scritto lo stesso Antonio, su ‘Questioni Anonime’. Ci ha dimostrato che non esistono scorciatoie, neanche per uno scrittore che è autore Mondadori e che vince il Premio Strega. Tutto è frutto di studio e fatica. <<Il talento è solo l’1%>>.  Che uno potrebbe pure fare spallucce, liquidare con un “si, ciai ragione” e basta, se a dirtelo fosse uno qualunque. Ma se a dirtelo è il Totti della scrittura – a lui piacerebbe Falcao, ma non lo cito perché ha smesso da anni – allora non puoi pensare che stia dicendo una fesseria. Noi che abbiamo la fortuna di giocarci insieme – e rubiamo con gli occhi e con le orecchie tutto ciò che possiamo – sappiamo che quello che dice Antonio è vero. A dare un senso al talento ci vuole una enormità di lavoro. Lo fa lui, in prima persona, che di talento ne ha da vendere. E’ giusto quello che ha detto, lo condivido in pieno: nessuno sa se qualcuno di noi, un giorno, riuscirà a diventare scrittore, di quelli veri. Sappiamo tutti però la strada che dobbiamo percorrere per poterlo diventare. Abbiamo parlato di lunga e faticosa marcia, proprio all’inizio. E non è stato un caso.

Mi sono trovato d’accordo con lui anche su un altro punto: è necessario superare le questioni passate, i litigi e i diverbi. Dobbiamo andare avanti, magari tutti insieme. Accogliendo anche chi, durante questi anni, non ha condiviso alcune delle scelte prese. Con Massimiliano, ma anche con Roberto e Stefano (Faust), ci siamo spesso trovati a confrontarci sulle scelte da prendere. La nostra, se vogliamo usare un gergo politico per rendere chiaro il concetto, è stata un’azione riformista. Era inevitabile lo scontro con ‘conservatori’ e ‘massimalisti’. Dovevamo portare avanti una trasformazione e l’abbiamo fatto procedendo passo passo, qualche volta con durezza e molto più spesso a tentoni. Sempre con l’obiettivo di non snaturarci o di compiere il passo più lungo della gamba. Commettendo errori, certo, ma anche prendendo decisioni giuste. Il fatto certo è che siamo arrivati ad una situazione ben definita. Sappiamo qual’è la nostra direzione. Chiunque l’accetti non può che essere il benvenuto.

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