Il Fascismo è una questione di famiglia - 2
Categoria: Canale Mussolini, Interpretazioni, Pennacchi
Postato da: Torquemada
[Altra recensione al libro di Antonio Pennacchi, 'Canale Mussolini', che è stato già oggetto di valutazione da parte di Valerio Magrelli, poeta, su La Repubblica. Questa volta l'articolo è uscito su Libero, il 2 Marzo, a firma di Miska Ruggeri]
IL FASCISMO E’ UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA
Antonio Pennacchi in “Canale Mussolini” dipinge la saga dei veneti giunti nell’Agro Pontino per la bonifica del Duce.
«Esistono scrittori di testa e scrittori di pancia. E io sono uno scrittore di pancia, che cerca l’autentico e che sa che l’arte sta nella vita. Perciò racconto le cose che conosco, quello che ho vissuto. Di che altro dovrei parlare, che cazzo mi dovrei inventare?». E’ arrabbiato Antonio Pennacchi, ce l’ha con chi gli rimprovera di essere vittima di un’ossessione, di battere sempre sullo stesso chiodo: l’Agro Pontino, la città del Duce, il fascio e il martello visti come fratelli-contro. «I grandi sono sempre legati a un territorio preciso. William Faulkner, John Steinbeck… Persino Dante… Inferno, Purgatorio o Paradiso, non c’è sempre la sua Firenze in mezzo? Che cosa vogliono da me? Certo, il mio romanzo non è politicamente corretto…».
Ecco, forse il problema è proprio questo. Canale Mussolini (Mondadori, pp. 464, euro 20), dal nome con cui ancora oggi viene chiamato il canale di bonifica ‘Acque Alte’ che costituisce il confine amministrativo tra il comune di Latina e quello di Cisterna di Latina, racconta la storia di una famiglia veneta (i Peruzzi di Codigoro), dai primi del Novecento alla Seconda Guerra Mondiale, spinta nel Lazio dalla fame e qui alle prese con l’immane impresa della bonifica. «Non c’è il jet set, non ci sono i salotti romani. Solo braccianti che faticano e che compiono un miracolo».
Accecati dall’ideologia
Pennacchi si infervora, in mente i troppi che non hanno idea di quello che è accaduto in quelle terre o che lo rifiutano in nome dell’ideologia. «Basta leggere i resoconti dei viaggiatori attraverso le malsane paludi pontine, di Stendhal o di Madame de Stael giusto per fare due nomi, per immaginare cosa fossero: l’inferno sulla terra, serpenti di due metri, malaria, sabbie mobili, immensi pantani. E oggi sono un giardino per oltre mezzo milione di persone, costato sacrifici, lavoro, dolore, morte. Lo sa che qui si parla ancora veneto? E che l’integrazione non è stata certo facile, con i locali che ci chiamavano ‘polentoni’ e noi che davamo loro dei ‘marocchini’?».
Trentamila veneti, friulani e romagnoli a strappare terra alle paludi, costruire canali e case coloniche, disboscare selve, abitare borghi e poi città. Un’epopea che lo scrittore di Latina, già autore tra l’altro de Il fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi (da cui è stato tratto il film Mio fratello è figlio unico con Elio Germano e Riccardo Scamarcio) e della raccolta di saggi L’autobus di Stalin e altri scritti, svolge in forma di romanzo. «I modelli, senza ovviamente voler fare paragoni, sono Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli e il Grande Sertao del brasiliano Joao Guimaraes Rosa, con in più l’attenzione agli aspetti magico-religiosi».
«E’ un libro me-ra-vi-glio-so», scandisce Pietrangelo Buttafuoco, autore del bestseller Le uova del Drago (finalista al Campiello 2006 ma non bene accolto dalla critica militante), che lo ha letto in anteprima, «e profondamente vero nella sua indifferenza a qualsiasi schema ideologico, un atto dovuto da parte di Antonio alla sua gente: la risposta della grande letteratura al film ‘Baarìa’».
marzo 3rd, 2010 at 10:01
Stasera si passa in libreria…