Anonima scrittori


Kai Zen: La guerra di Teo #1

Categoria: Assaggi, suoni, visioni e letture
Postato da: Torquemada

Prima puntata del racconto con cui i Kai Zen hanno partecipato a ‘Morale della favola’, antologia di racconti sulla Resistenza, edita da Purple Press, a cui ha partecipato anche Anonima Scrittori con ‘Dittatore Interinale’ di Mario Orlandi. Da ricordare anche l’evento del 24 Aprile, quando Anonima Scrittori, insieme a Kai Zen e Zero Gravity Toilet hanno parlato di Copyleft e delle nuove frontiere del diritto d’autore.

In ‘La Guerra di Teo’, il racconto che riportiamo, si parla di Resistenza futura, di paesaggi e mentalità lontane e di cui spesso si parla poco ma che sul Forum dell’Anonima ogni tanto fanno capolino: Bolzano e Sud Tirolo.

LA GUERRA DI TEO #1

Aprile 2013

Quando sono arrivato alla baita oltre confine, attraverso alcune vecchie vie per la transumanza, ho preferito entrare dal retro. D’inverno è un punto di ritrovo per gli sciatori e d’estate per chi fa trekking o nordic walking. In questo periodo non dovrebbe esserci quasi nessuno, ma non si sa mai. Le giornate stanno diventando sempre più belle e qualche turista o scalatore potrebbe fare sosta per un piatto caldo. La porta sul retro era aperta. In cucina, l’acqua bolliva nel pentolone, coltelli e mezzelune abbandonati su cumuli di cipolla tritata, prezzemolo, cubetti di pane e dadini di speck. Come se tutti fossero spariti all’improvviso, lasciando il lavoro a metà. Ho abbassato il fuoco sotto la marmitta, poi ho sentito un ronzio provenire dallo stube, ho allungato il collo per vedere. L’intera famiglia che vive nella baita, tre adulti e due ragazzini, un pastore, più una coppia di trekker in visita seduti in sienzio davanti al televisore, i volti azzurrati dal bagliore dello schermo. Un’edizione straordinaria del telegiornale su ORF 1: immagini concitate alle spalle dello speaker e una scritta in sovrimpressione: Wirksam Staatsstreich in Rom. Ex premier Silvio Berlusconi gestorben. La ragazzina mi ha lanciato un’occhiata distratta, facendomi cenno di aspettare. Mi sono seduto su uno sgabello al bancone del bar, sormontato da un enorme teschio di cervo. Qualcuno ha cambiato canale. La ZDF, ma sullo schermo le stesse immagini. L’escalation bellica tra Stati Uniti e Cina sembra dimenticata dal resto del mondo per qualche secondo, è successo qualcosa di grosso. Va in onda per l’ennesima volta, da quanto ho capito, il discorso a piazza Venezia del capo della coalizione di sinistra che ha appena vinto le elezioni in Italia, Stella T, interrotto dal rumore degli elicotteri. Un milione di occhi puntati verso il cielo. L’Italia è sotto scacco. Approfittando della crisi internazionale tra i colossi americano e cinese, che attira ogni attenzione, un manipolo di militari ha fattofuori, premier e vice del governo precedente e ha rovesciato il governo non ancora insediato. Cazzo. Un colpo di stato. Scontri in tutto il paese, città messe a ferro e fuoco. Legge marziale, tradimenti, uccisioni. Clandestinità. Resistenza. Dopo quel giorno, ho continuato a seguire le informazioni sui media austriaci e tedeschi, rischiando anche di farmi beccare. Il mio volto, nonostante tutto, figura ancora tra i ricercati italiani anche nelle caserme della polizia austriaca. E io? E noi? Che si fa ora? noi che siamo qui, a cavallo tra Italia e Austria? Noi che non abbiamo mai capito bene cosa siamo, chi siamo? Qual è il nostro ruolo in tutto questo?

15 Maggio 2013

Quando Herbert mi ha detto di sparare non ci potevo credere. NOn ero ancora pronto a una cosa così. Così vera. Mi ha detto proprio: “Spara, Teo”. Secco, come se non c’era altro da aggiungere. E in effetti cos’altro si doveva dire? Non c’era modo di addolcire la pillola, di rendere più umano e naturale quello che andava fatto senza esitare. Ho tirato su la glock di mio zio - l’avevo fregata alla sua pregiata collezione di armi storiche, ormai saccheggiata - e preso la mira. Ho preso la mira e ho fatto finta di non sentire. Ho cercato di non pensare, perché sapevo bene che se pensavo avrei cominciato a tremare, e poi chi poteva dire come andava a finire? Ho preso la mira e ho pregato per la salvezza di qualcuno, di qualcosa. Per la salvezza di qualsiasi cosa. Non sapevo bene cosa: ti prego fa’ che qualcosa si salvi da tutto questo, fa’ che l’orrore abbia senso. Non se se mi abbia ascoltato, ammesso che ci sia un ascoltatore. Ho preso la mira e ho sparato. Fatto quello che dovevo.

3 Marzo 2013

Il mese scorso frequentavo il terzo anno della scuola alberghiera, a Merano. Il Ritz lo chiamavamo, non tanto per presa in giro, ma perché si chiama proprio Cesare Ritz. E poi è un bel posto pulito e tutto quanto. Stavo convitto lì, in stanza con due ragazzi, uno di Bressanone e l’altro di Salorno. Tetano e Ludwig. Tetano non è che si chiami davvero così, il suo nome è Alboino, ma tutti gli dicono Tetano per via della ruggine. Nel senso che non vede una ragazza da quando è nato. Tetano è neanche brutto, in fondo. Giusto gli occhiali un po’ spessi e pallido. Ma di fisico è messo bene, salta in lungo come un grillo, è arrivato secondo ai campionati regionali. Però con le donne non ci sa fare. Niente. E allora, Tetano. Ludwig manco lo capisco perché si è iscritto all’alberghiera. E’ una mente, sa un sacco di cose di politica e legge tutto il tempo. Penso sia per via dei genitori che hanno un B&B. Chissà, magari se Ludwig era più portato per servire ai tavoli ora non stavamo qui. Io sono discreto in italiano e geografia, buono in cucina e sala-bar e parecchio scarso in tutto il resto. Tutto a posto con le ragazze, altro che Tetano. Mi basta per stare a galla, non mi sono mai lamentato di niente. Ma sto divagando, e non ho tempo per divagare. Avevamo appena iniziato il secondo quadrimestre e la pagella del primo non era neanche male. Filava tutto liscio, poi un pomeriggio accendo la Tv e mi scoppia la guerra nucleare in faccia. Niente di quello che ti è accaduto prima può prepararti a una cosa del genere. Niente. Ludwig però sembra sapere già cosa fare. E quello che avrebbe fatto non aveva niente a che spartire con la gestione di un alberghetto. In quei giorni le lezioni furono sospese e gli ospiti del convitto rimandati a casa. Oltre alla guerra, sul fronte nazionale già da tempo c’erano segni di tensione, episodi di intolleranza fascista, rappresaglie, solite storie. Io i genitori non ce l’ho, dovevo tornare da mio zio, ma non mi andava di sorbirmi i suoi deliri di strategia militare mancato. Sicuro come la morte che si era messo a oliare tutto l’arsenale in previsione e nella speranza di utilizzarlo. Quando gli dissi che rimanevo al convitto, Ludwig mi scrutò a lungo. Poi disse: “Le lezioni non riprenderanno, Teo. Non più. E’ meglio se vieni con me”. Risposi che magari i suoi non avrebbero avuto piacere a ospitarmi in un momento come quello. “Non vado mica dai miei” disse lui. “E’ ora di fare qualcosa di più che parlare a vanvera e rifugiarsi a casa dalla mamma”. Mi parlò della Brigata Andreas Hofer per tutta la notte. Partimmo all’alba per le montagne. Era solo il mese scorso. Sembra una vita fa.

[CONTINUA]

One Response to “Kai Zen: La guerra di Teo #1”

  1. La guerra di Teo #2 Says:

    [...] aver pubblicato la prima puntata, inseriamo la seconda parte del racconto ‘La guerra di Teo’,  scritto dai Kai Zen. Ovviamente, [...]

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