[TRATTORIA ROSELLINI si legge nero su giallo in caratteri desueti e sotto, in piccolo, aggiunto a mano con la pennellessa del trenta, BAR e BOCCE. Siamo alla seconda puntata della novella scritta da Marco Berrettini. Ritorna la signora Rosa, i suoi modi materni e la sua cucina. Ritorna anche Pinuccio e gli altri protagonisti della trattoria che sembra spuntata fuori dal nulla, in una Milano che, forse, esiste solo lì]

Trattoria Rosellini (1 ep.)

TRATTORIA ROSELLINI (2 ep.)

Il primo turno in stazione, dalle quattro alle dieci, è il preferito di Pinuccio. Una settimana al mese è di prassi, ma quando qualcuno cerca un cambio lui è sempre disponibile e anche oggi è lì che corre, alla guida di un carrello bagagli, lungo i marciapiedi della Centrale. Ieri sera, come sempre quando ha il primo, è andato a dormire dopo il telegiornale, come da bambino, solo che ai tempi c’era Carosello, tutta un’altra cosa. Alle tre è suonata la sveglia, una lavata rapida e poi, alla guida della vecchia Punto Cabrio tirata a lucido, ha attraversato la città deserta. Un quarto alle quattro e lui, seduto davanti ad un marsala ed un caffè, già stava programmando il dopolavoro con Sebino.
- Hanno rinnovato il laghetto di Canzo, sembra ci siano delle trote da paura. Alle dieci in punto timbriamo, in venti minuti siamo lì e vediamo in un’ora chi ne prende di più. –
- Va bene, poi ti accompagno in trattoria e chi ha perso paga la grappa.-
Le ore scivolano veloci tra binari roventi e passeggeri sudati; Pinuccio, alla guida del carrello bagagli, sempre a chiodo, suona per farsi largo. Alle dieci e tre minuti, lui e Sebino, sono già in auto, capotte abbassata e vermi fuori.
La trattoria è della madre e lui aiuta quando c’è, uno stipendio da facchino è poca cosa, ma Rosa ha sempre voluto che, almeno per i vizi, avesse una propria autonomia e poi:- Almeno avrai una pensione…- ripete sempre.
- Mi ghe rivi minga a la pensiùn, ma’.-  Tutte le volte replica così e la risposta è sempre la stessa, una legnata in testa con lo strofinaccio umido, povera Rosa.
L’ombra degli ippocastani concilia il sonno, nella cesta, a bagno in un secchio in riva, già quattro grosse trote e sono da poco passate le undici, Sebino ne ha solo due e smania alla ricerca dell’esca migliore.
Vengo anch’io, no tu no. Vengo anch’io, no tu no. Vengo anch’io, no tu no. Ma perché? Perché no!
- Sveglia Pinuccio, sveglia che ti suona il telefono.-
- Pronto? Sì ma’ va bene, non ti preoccupare per mezzogiorno sono lì. Volo. No, dai tranquilla vado piano, sì, sì d’accordo parto subito.-
Si stropiccia gli occhi, cappello alto sulla fronte ampia, guarda l’ora, sposta il ciuffo e bestemmia.
- Andiamo Sebino, hai perso, smonta che dobbiamo essere in trattoria per mezzogiorno.-
- Fottiti, manca ancora un quarto d’ora. Adesso ne prendo almeno un paio.-
- Ma lasa sta’, bamba. Cosa vuoi pescare? A te varden in faccia e se la ridono le trote, mola lì, pistola che la grappa te la pago comunque.-
Di malavoglia Sebino raccoglie l’attrezzatura, la tangenziale li divora e la Rosa li vede entrare allo scoccare della mezza insieme ai primi clienti.
- Avì ciapà ‘n quaicòs vi alter dǘ balùba? Sei trote? Bravi, ve le preparo ai ferri; avvisate i primi dieci clienti che di secondo possono averla anche loro in alternativa alla cotoletta.-
Pinuccio viene verso di me, ma ho già sentito tutto e scuoto la testa, no, no, non sono mica matto da rinunciare alla cotoletta della Rosa per una trotaccia d’allevamento pescata con vermi allevati in cadaveri di topi.
- Passo Pinuccio, io voglio sentire crocchiare la panatura sotto i denti, scavare nell’incavo e poi rosicchiare l’osso. –
Se la ride e se ne va, termino i fusilli al ragù, mi verso un bicchiere di rosso e lo vedo tornare con il mio piatto e una ciotola di carote tagliate alla julienne. Oggi niente patate, erano finite, solo insalate, ma non importa perché la Rosa la cotoletta te la prepara con la carne di vitello, non con il maiale o peggio ancora il pollo o il tacchino. Qui i clienti ne vanno tutti pazzi, mussulmani compresi. La cutelèta, quella vera, non battuta, fritta nel burro, croccante, ammorbidita poi dallo stesso burro versato sopra, mica le fettine di limone. Io non lo so come faccia la Rosa a darci il vitello senza variare il prezzo fisso.
- Faccio i miracoli. – Risponde sempre lei quando le pongo domande simili, ma la verità è che lavora per passione e per vivere, ma non per diventare ricca e così, domani, magari pareggerà servendoci frittata alle cipolle o la pasta al forno pasticciata o  cuore di bue trifolato.
Anche oggi siamo già al secondo turno e i vapori del caffè si mischiano con l’aroma della pasta, autisti, operai, magazzinieri cedono la propria sedia a segretarie, impiegati e altri colleghi con turni di pausa differenti. Il tavolo degli amici oggi è tranquillo, molti autisti hanno aderito allo sciopero nazionale, io sono titolare di me stesso e quando ho delle recriminazioni basta che mi guardi allo specchio. Ho cercato comunque di rimandare ciò che non era proprio urgente, almeno per solidarietà formale, fino alle tre non ho impegni, chiamo una delle ragazze e le chiedo un altro quartino di rosso e una fetta di taleggio e con la coda dell’occhio vedo entrare Gisella, l’impiegata della VetRan. Una volta al mese ritiro da loro sei bancali di flaconi per conto di un mio cliente e vado a firmare la bolla da lei, al primo piano, non ci siamo mai parlati, solo grazie, buongiorno, arrivederci. Mi vede e mi saluta, contraccambio con un cenno ed un sorriso. Oggi ho proprio tempo, chissà, magari tra mezz’ora le offro un caffè.