[Raccontare storie è il mestiere più vecchio del mondo. E nel corso dei millenni è diventata un'arte che si è dissimulata sotto infinite forme e ha sfruttato tutti i mezzi che ha avuto a disposizione. Chi racconta storie oscilla continuamente tra le comode sicurezze dei mezzi che ha faticosamente imparato a padroneggiare e la tentazione di gettare lo sguardo sulle frontiere aperte dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Con questo articolo continua la riflessione su questi temi iniziata da Massimiliano Lanzidei. Ovviamente contributi sull'argomento sono bene accetti. L'indirizzo a cui inviarli è infoATanonimascrittori.it]

Il tentativo di sfruttare la geolocalizzazione dei dispositivi mobili da parte degli autori di The silent history, la frammentazione in 140 caratteri della Scatola nera di Jennifer Egan, gli esperimenti di alcuni affermati artisti visuali sono solo alcuni dei risultati ottenuti grazie alla diffusione di sistemi di fruizione e condivisione di immagini e testi impensabili fino a pochi decenni or sono.

Lungi da me la presunzione di affermare che la rivoluzione in atto sia paragonabile all’invenzione della stampa a caratteri mobili o a quella del cinema e della televisione, sta di fatto però che artisti e committenti sempre più si confrontano con la possibilità – se non quando la vera e propria esigenza – di utilizzare diversi mezzi espressivi all’interno delle loro creazioni.

È di pochi giorni fa un interessante articolo su Digital Book World che mostra la differenza principale tra le sperimentazioni di maggior successo della televisione americana e i tentativi nello stesso senso di alcuni editori di libri sensibili all’innovazione. Kelly Leonard prende in esame l’applicazione StorySync sviluppata dall’emittente Abc che ha esordito durante una puntata della seconda stagione della serie televisiva The Walking Dead. StorySync permette allo spettatore di accedere a un secondo schermo su cui interagire con altri spettatori e accedere a contenuti speciali durante la visione della puntata della serie in questione. Anche nel libro Night film ci sono contenuti speciali a cui poter accedere tramite un’applicazione scaricabile su un dispositivo mobile (smartphone o tablet) ma – fa notare Leonard – c’è una bella differenza tra le due opzioni. Nella serie televisiva si è obbligati a interagire durante la visione mentre con il libro (sia esso cartaceo o digitale) possiamo permetterci di accedere ai contenuti speciali quando vogliamo.

Ed è proprio questa – a volerla dire tutta – la differenza principale tra i due mezzi: la possibilità di scegliere il tempo in cui fruirne. In un film o una serie televisiva siamo vincolati all’orario del cinema o della messa in onda; un libro possiamo scegliere quando aprirlo e metterlo da parte quando abbiamo altro da fare.

La cosa che più fa riflettere è però la sicurezza con cui Kelly Leonard bolla come “intoccabile” il dogma dello spegnimento dei telefonini e del divieto di mandare messaggi durante la visione di un film al cinema. I contenuti speciali sembrano essere appannaggio solo dei programmi trasmessi in televisione. Il buio della sala cinematografica o della platea di un teatro è considerato un tabù impossibile da infrangere. Eppure non è difficile ipotizzare uno spettacolo – teatrale, ma anche cinematografico – in cui la possibilità di scaricare un’applicazione dedicata dia la possibilità di interagire o ricevere stimoli che vadano al di là di quello che si vede sullo schermo o sul palco.

Fantascienza?

Forse.

Oppure si può dare un’occhiata a questa applicazione. Si chiama RunPee e – se la avviate quando inizia il film – al cinema, vi segnala con un’opportuna e discreta vibrazione, il momento migliore per alzarvi e andare in bagno senza perdervi cose essenziali della trama.

E se vi sembra troppo terra terra, allora che dire dell’ottima idea di MovieReading, un’applicazione in grado di fornire sottotitoli al cinema in tempo reale a persone con deficit uditivo?

Nel frattempo la Major League di Baseball, negli Stati Uniti, sta studiando un’applicazione che – rilevando la posizione dello spettatore all’interno dello stadio – offra a ogni spettatore un’esperienza diversa.

Esperimenti, tentativi, a volte fallimenti, ma molto più spesso interessanti stimoli sulle direzioni che – presto o tardi – ci troveremo tutti a percorrere.

@zaphodAS