Finale di partita - Marcellino Iovino
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Postato da: zaphod
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- Il gardè – Giada Giordano
- Belgrado – Marcello De Santis
In un posto insolito, in un’ora insolita, anche il discorso diventa insolito, come in un sogno.
(Ivo Andric)
Guardò il cielo, poi il suo sguardo si spostò sulla scacchiera. Con un gesto lento, mosse l’alfiere. L’avversario seguì la mossa senza batter ciglio. Giocavano quella partita da 33 anni 3 mesi e 17 giorni. Nessuno conosceva i loro nomi, e i più vecchi giuravano di non averli mai sentiti aprir le bocche. La cosa certa era che ogni giorno, sotto il sole, sotto la pioggia e perfino sotto la neve, alla stessa ora, nello stesso luogo, i due giocavano. Si udì un botto improvviso e si vide la stazione andar in fiamme. “Ricominciano,” disse Ivo, “mi chiedo: quando la smetteranno?” “Non molto presto. Ho sentito che Clark ha intenzione di sbarcare a Bar,” fece un vecchio che stava osservando la partita. Ci fu un attimo di silenzio, poi si udì un altro botto. “Hanno colpito il Teatro Nazionale”, disse Ivo. Intanto i due giocatori continuavano a studiarsi, come se il fragore delle bombe non li disturbasse affatto. Uno di loro rispose alla mossa dell’altro muovendo il cavallo. “Situazione ingarbugliata,” commentò Ivo. “Sicuro, ragazzo,” disse il vecchio. “Nessuno dei due vuole perdere,” fece Ivo. “Nessuno dei due voleva arrivare a questo punto,” fece il vecchio. “Che vuol dire?” “Vuol dire che entrambi credevano di poter comporre il senso della partita a proprio piacimento.” Ivo annuì. “La verità,” proseguì il vecchio, “è che entrambi ignorano che il gioco sul quadrato è mosso dal caso.” Uno dei giocatori tentò un’altra mossa. Seguirono istanti di silenzio. Il silenzio fu interrotto da un’altra serie di botti. “Non hanno ancora finito?”, disse Ivo. “Perché ti meravigli, ragazzo?”, fece il vecchio. “Il gioco che si svolge su questa scacchiera, non è poi tanto diverso da quello che si svolge in altro luogo. Immagina che questi due giocatori siano Clinton e Milosevic giunti al loro finale di partita. Entrambi credono di poter muovere le poche pedine rimaste a proprio piacimento e di mutare la partita a proprio vantaggio.”
Un ordigno esplose non molto lontano dai giocatori. Tutti si voltarono, una donna corse verso di loro gridando: “Presto, accorrete.” Ivo si lanciò verso il luogo indicato dalla donna. Giunse nel punto dove, fino a pochi minuti prima, sorgeva la grande statua di Selimovic. Una bomba l’aveva infranta in grandi blocchi di pietra che avevano sotterrato tre persone. Ivo aiutò a scavare. Dalle macerie uscirono due morti e un uomo ferito ad una gamba. Due di quelli che scavavano, lo sollevarono e lo sistemarono in un’automobile. Ivo aiutò poi a coprire con un lenzuolo i morti. Per la prima volta in vita sua, voleva piangere. Ma non ne ebbe il tempo. Una bomba cadde sulla piazza dove stavano giocando a scacchi. Quando se ne accorse, Ivo corse fin lì. Quando arrivò, la piazza non c’era più. Al suo posto si trovava un’enorme voragine. Dei giocatori erano rimasti solo i due pezzi dei re. Ivo li raccolse. Si voltò. Il vecchio di prima lo aveva raggiunto. Dal principio sembrò che non si fosse accorto di nulla. “Chi ha vinto?”, domandò a Ivo. Ivo si destò meravigliato: “Come?” “Chi ha vinto la partita?”, fece il vecchio. Ivo lo guardò negli occhi e gli mostrò i due re: “Nessuno,” disse.