La scacchiera del tempo - Francesca Lulleri
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Postato da: zaphod
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- Belgrado – Marcello De Santis
Samuel prese il suo bastone, come tutti i giorni, e scese giù verso il fiume. Aveva promesso al suo piccolo amico di portarlo a fare una passeggiata e, fosse stata l’ultima azione della sua vita, l’avrebbe fatta. Iniziò a tenersi con il bastone per non barcollare e preso il guinzaglio da sopra il tavolo, incominciò lentamente a trascinare il suo unico, vero, amico fuori dalla vecchia casa. Nessuno ormai, a parte il piccolo labrador, si prendeva più cura di lui, il mondo in cui viveva era stato creato per i giovani e per la gente veloce, per la gente lenta e “anziana” come lui esistevano solo le case di riposo e le panchine in piazza. Brontolò facendo cenno di no con la testa. Ricominciò a camminare fissando tutto ciò che lo circondava, ogni cosa gli sembrava nuova e ogni luce gli sembrava immensa. Entrò nel piccolo parco della sua città strofinandosi gli occhi.
“Ma cosa succede?” disse sottovoce.
Si guardò attorno con stupore. Tutto era diverso da come lo ricordava, eppure andava al parco tutti i giorni per portare il suo cucciolo. Si rigirò su se stesso ammirando ciò che vedeva. La piazza non era più quella dei giorni precedenti, tutto il nuovo, tutto il moderno era sparito lasciando posto alla spoglia piazza di quando si era trasferito in paese anni prima, da ragazzo. Allora tutto era diverso. Il suo cuore fu attraversato da un sottile velo di malinconia. Guardò verso il cagnolino. Il piccolo labrador non c’era più, e così anche il suo bastone. Si guardò, allora, le mani, erano giovani…le rughe e le macchie e le cicatrici avevano lasciato il posto ad una pelle più liscia e curata.
“Ma come è possibile tutto questo, sto forse impazzendo?”
Si diresse, così, con passo spedito verso il bar al centro della piazza per chiedere uno specchio o qualunque cosa potesse riflettere…
Nessuno gli rispose.
Allora, spazientito, urlò a squarciagola, sperando di essere sentito ma, dalle sue giovani labbra non uscì che un gemito…la bocca si spalancava durante l’atto di urlare ma il suono usciva come ovattato, bassissimo e impercettibile… come in certi incubi. Ad un tratto fu preso dall’angoscia e iniziò a piangere disperato, che fosse morto?
Si svegliò in ospedale.
“E’ stato fortunato, non è prudente andare al parco con questo caldo, soprattutto alla sua età…ha rischiato un infarto…” si sentì dire, dal dottore, appena sveglio. “Le persone presenti si sono insospettite in seguito all’abbaiare del suo cagnolino. Se è ancora vivo, lo deve a lui.”
Si riguardò le mani…le rimise giù sorridendo.
“E quella cos’è?” Disse indicando una costruzione in legno che faceva bella mostra di sé sul comodino.
“Quella? E’ una scacchiera. La teneva stretta al petto quando l’ abbiamo ritrovata, sopra c’è una foto…”
“Una foto? Io non avevo nessuna scacchiera, sono uscito senza nulla, sono andato al parco e…”
Ad un tratto il suo cuore si mise a battere all’impazzata. La testa gli fece male e gli venne un brivido improvviso su per tutto il corpo. Appena entrato nel parco, quando si era rivolto al barista perché gli desse uno specchio, accortosi dell’ incomunicabilità fra loro, aveva provato ad afferrare una scacchiera posta sul bancone con lo sfondo della piazza stessa…allungò la mano per raggiungerla.
“Eccola” disse il dottore porgendogliela.
L’uomo impallidì. Nella foto, datata 1936, si vedeva in un angolo vicino al barista un ragazzo nell’atto di urlare con in mano una scacchiera e il suo volto altri non era che l’immagine del suo viso di tanti anni prima.