Tempo di battaglia – Dr Frank Ripper
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Postato da: zaphod
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I due eserciti sono l’uno di fronte all’altro, i servitori della Luce e del Buio. Impettiti, immobili, sono pronti a scattare alla prima mossa. Il loro fine è quello di annientare il nemico, nient’altro. Nessun compromesso può essere accettato.
Si ode uno scatto, e la battaglia ha inizio.
I soldati più semplici avanzano, protetti dalle truppe dietro di loro; i cavalli, impazienti, saltano la barriera e piombano sul campo.
Iniziano le prime manovre di attacco. Si studiano le mosse migliori per garantire la vittoria o assicurare la salvezza.
Gli scatti circostanti sono rapidi e frequenti.
Intanto i due re si rinchiudono nelle rispettive fortezze, protetti pressoché da ogni parte. È fondamentale la loro incolumità, non un solo spiraglio dev’essere concesso, non una sola via d’entrata o d’uscita.
Ora i due eserciti hanno raggiunto il centro del campo.
Gli scatti si fanno più distanti e meno numerosi.
C’è un clima di tensione e di gelo, nessuno osa attaccare; poi compaiono le prime perdite, soldati semplici, alti ufficiali. Tutto in simmetria, da una parte e dall’altra: bisogna limitare le perdite al minimo o si favorisce il nemico, permettendogli di attaccare da più punti e con più armi.
Il campo inizia ad animarsi.
Anche i combattenti più importanti soccombono, sempre da una parte e dall’altra. Gli schieramenti sono numericamente simili, vi sono sottili differenze; potrebbe una di queste differenze cambiare le sorti della battaglia? Forse sì: è la segreta speranza di chi comanda l’esercito.
Ed è su questa speranza che si fonda la strategia d’attacco.
Viene scelto un elemento forte, in grado di difendersi da solo, che sfondi le linee nemiche; dopodiché, tutti gli altri pezzi collaboreranno in modo da spianargli la strada. Così avviene, senza particolari difficoltà.
L’ultimo tocco, un piccolo sacrificio. Un compagno si immola per il bene di tutti, la difesa avversaria viene scardinata; e inizia la manovra di sfondamento.
L’esercito nemico è allo sbando, la collaborazione e la compattezza sono venute meno. Sembra che la speranza sia morta.
Ma non è ancora detto. Si ricercano le idee più ingegnose, i sacrifici più estremi, le difese più disperate per salvarsi. L’attacco viene impedito, o soltanto rinviato forse.
A questo punto un colpo terribile si abbatte sull’esercito disgregato: gli elementi più importanti vengono eliminati, uno dopo l’altro, e nessuno può vendicare la loro morte; anzi, è bene rimanere nella stessa posizione, o altri perderanno la vita.
Gli scatti tornano a essere frequenti, ma solo da una parte.
In pochi sono rimasti a difendere la rocca, ma sono deboli e in esiguo numero. È un gioco a perdere. Si può solamente aspettare il colpo finale, e la morte dell’intero schieramento.
Così non avviene. È inutile perdere tempo, la sconfitta viene ufficialmente decretata; gli eserciti rimangono fermi, nessuno attacca, nessuno si difende, nessuno muore.
Sopra i combattenti, due mani si avvicinano e si stringono l’un l’altra. Poi si allontanano e non s’incontrano più.
Poco dopo tutti i soldati morti tornano in vita e ognuno ritorna nella posizione iniziale. I due eserciti sono di nuovo al meglio della loro forma e al massimo della loro estensione.
Sono tutti pronti a scendere ancora in campo.
Sopra di loro altre due mani si avvicinano e si stringono; poi si ode uno scatto, un soldato semplice avanza di qualche passo, un altro soldato semplice avanza e via via tutti gli altri.
Una nuova battaglia ha inizio.