L’odore del fato - Stefano Carbini
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Postato da: zaphod
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- L’odore del fato - Stefano Carbini
Dicono che sono matto e chi mi conosce ormai mi evita. Ma più della pazzia, quello che veramente li spaventa è la convinzione che io porti iella. Loro pensano così perché non sanno.
Mi è sempre piaciuto fotografare, cogliere in uno scatto l’istante irripetibile, renderlo eterno. Per questo cominciai a lavorare come fotografo freelance. All’inizio riprendevo un po’ di tutto: paesaggi, scorci di paese, corse di auto; mi inventavo dei servizi e cercavo di venderli alle riviste specializzate, riuscendovi ben presto senza grosse difficoltà.
Poi, una mattina di febbraio, mentre mi trovavo in fondo a un canalone in trentino, dalla cima si staccò una valanga. La prima cosa che avvertii fu il rumore e quando alzai lo sguardo, afferrando nello stesso tempo la macchina fotografica che ormai portavo sempre con me ovunque andassi, vidi la neve cominciare a muoversi e a metà del versante due sciatori gettarsi a tutta velocità verso valle. In pochi attimi la massa di neve li raggiunse, li ingoiò per poi risputarli e riprenderseli subito dopo. Io scattavo regolando di continuo lo zoom per mantenere a fuoco il fronte che si avvicinava a velocità spaventosa. Continuai a scattare fino a che non fui avvolto da una nuvola di pulviscolo ghiacciato; solo in quel momento mi resi conto del pericolo che avevo corso: alcuni blocchi si erano fermati poche decine di metri più su. Riuscii a dare l’allarme e nell’attesa dei soccorsi vagai sopra i mucchi di neve senza sapere cosa fare, perché dei due sciatori non c’era nessuna traccia. Dopo l’arrivo dell’elicottero del soccorso alpino seguii per ore gli uomini che, spalla a spalla, avanzavano spingendo su e giù le asticelle, e scattai centinaia di foto. Quando li trovarono e li estrassero dalla massa gelata, per i due non c’era più niente da fare.
Quelli furono i miei primi morti.
Due settimane dopo fui coinvolto in un tamponamento a catena sull’autostrada che causò quattro vittime; il venerdì successivo incappai in una rapina dove una guardia giurata e un rapinatore rimasero sul terreno.
Quei primi episodi me li ricordo come fosse ieri, mentre i particolari degli altri che si susseguirono con una specie di macabra regolarità si accavallano, si confondono. Nitide ci sono solo le immagini, i servizi che ho realizzato e venduto in tutto il mondo, che mi hanno reso famoso.
Un giorno in agenzia mi dissero, forse scherzando: - Ehi, ma non è che porti iella?
Mi si aprì un velo, e vidi quello che in fondo già sapevo: non ero io a portare sfortuna, era il destino di quelle persone che si spandeva nell’aria come un odore, e io lo percepivo. Se mi concentravo potevo ricostruire il percorso che mi aveva portato a realizzare ognuno di quei servizi, dall’incontro con i due sciatori al rifugio e la sensazione che mi aveva spinto a salire verso quel canalone, fino all’ultimo incidente.
Feci l’errore di raccontare ad altri quello che avevo capito, così iniziarono a pensare che fotografare tutti quei morti mi avesse mandato fuori di testa.
Ma non è così, è solo che non riesco a ignorare l’odore: quando incrocio la pista non posso che seguirla.
Al distributore ho incontrato questa famiglia. L’uomo ha finito di fare benzina, ha rivolto un sorriso alla figlia dietro il finestrino prima di risalire in macchina e partire. Li ho seguiti fin quassù, su questi prati. L’erba è di un verde intenso e le nuvole all’orizzonte virano al viola. Abbasso lo sguardo sulla fotocamera e controllo il livello della batteria: verranno delle foto magnifiche.
marzo 15th, 2010 at 08:58
neanche se ci fossimo accordati!
bello Ste’ e come sempre ben scritto.
S.C.
marzo 19th, 2010 at 15:44
Ottimo racconto. Ottimo stile. Complimenti.
marzo 20th, 2010 at 14:07
Grazie a entrambi. Sarà il nome.