Se solo fosse vero - Donatella Franceschi
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Postato da: zaphod
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Se doveva parlare d’amore, se amore era stato, non ne aveva punto voglia.
Né aveva voglia di pensarci.
Era esausta, e questo era tutto.
Lui continuava a insistere.
Bla, bla, bla.
Solo parole.
Lei si allontanò e si diresse verso la finestra.
Fuori il tempo faceva schifo.
Pioggia a non finire.
E freddo.
E ancora parole, parole, parole
Lei non ne voleva più sentir parlare di quella storia là.
Era storia vecchia, storia passata, era polvere e sabbia.
Era uno straccio puzzolente.
Era simile alle foglie morte appiccicate alle suole delle scarpe.
Ma lui non voleva sentir ragioni e a lei prese una gran voglia di farlo secco lì sul colpo.
Iniziò col pensare ai mille modi per farlo sparire dalla sua vista.
Sparargli?
No, troppo rumore e poi lei non aveva una pistola.
Forse avrebbe potuto accoltellarlo alla schiena ma lui teneva sempre i suoi occhiacci maligni su di lei e non le voltava mai le spalle.
Forse presagiva il suo desiderio di morte.
Lei non voleva proprio ucciderlo, dopotutto: troppe rogne, troppo sangue.
E poi i delitti perfetti non esistono.
Lei voleva soltanto che se ne andasse una volta per tutte, che la lasciasse un po’ in pace.
Chiedeva tanto?
E quello continuava, continuava, continuava.
Logorroico.
Egocentrico.
Complessato fino alla radice dei capelli.
Sempre desideroso di poter far sentire gli altri delle merde.
Se lo era scelto proprio bene.
Ma ormai era tardi.
O forse no.
Forse poteva ancora trovare una soluzione.
Chiuse gli occhi e si concentrò intensamente.
Intanto avrebbe potuto iniziare con l’augurargli la morte.
Crepa. Crepa. Crepa.
Qualcuno in famiglia una volta c’era riuscito… sì, sua zia.
Ma sua zia era una mezza strega e non poteva contare.
Aveva maledetto un sacco di persone in vita sua e sempre queste erano diventate fredde in poco tempo.
Aveva intessuto una fitta rete d’affari, sua zia, e ci aveva anche guadagnato parecchio, tanto da comprarsi immobili a non finire e viver contenta per il resto della sua vita.
Crepa. Crepa. Crepa.
Bastava concentrarsi, almeno non lo ascoltava.
Lui era lì seduto al tavolo e continuava a dipanare, dipanare, dipanare, una matassa infinita e ingarbugliata di vecchi ricordi.
E parlava, parlava, parlava.
Raccontava cose di cui lei nemmeno si ricordava più.
Erano poi veramente accadute tutte quelle cose?
Lei aveva veramente detto questa o quella parola?
Lui si era realmente comportato in questo o quel modo?
Non le importava.
Ora non più.
Crepa. Crepa. Cre…
Un tonfo.
Lo vedeva chiaramente riflesso nel vetro della finestra.
Non sembrava dormire.
La testa penzolante contro la spalla, gli occhi spalancati, la bocca socchiusa come se stesse ancora parlando o volesse ancora farlo per un’ultima volta.
Lei scoppiò a ridere.
Una risata nervosa, isterica, senza sapore.
Non era possibile!
Forse stava semplicemente sognando.
Forse stava dormendo e nel sogno fantasticando.
Era un bel sogno?
Era un incubo?
Non riusciva dirlo mentre fissava quella strana immagine riflessa nel vetro grondante di pioggia.
Sapeva solo che finalmente c’era silenzio.