Omicidio a Pasquetta - Nicoletta Berliri
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Postato da: zaphod
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La Pasqua, che disdetta, quando capita bassa è come i pantaloni: ti fa prendere freddo.
E’ Lunedì dell’Angelo e la gita fuoriporta è un rito perenne, impensabile da eliminare, anche in caso di maltempo ostinato. Avevo accettato l’invito di Diego solo perché è l’unico capace di tollerare la presenza di mio figlio Alberto. Che colpa ne ha lui, infatti, se noi genitori, di comune accordo, abbiamo deciso la separazione?
Nonostante la pioggia battente, Diego fu puntuale quella mattina; alle 8:00 la sua vecchia Mercedes marrone bordeaux era già ad aspettarci al portone. Avevo portato un cestino di cibi già cotti per esorcizzare gli eventi atmosferici: pomodori col riso, pollo arrosto, patate al forno, insalata, torta pasqualina, tiramisù e caffè caldo nel thermos.
Galante come al suo solito, Diego era sceso dall’auto per aprire il portabagagli e infilarci il cesto dei viveri e allora avevo visto la megalitica provvista di vino.
- Diego, ma siamo solo due adulti ed io, per giunta, neanche bevo il vino rosso: che ci dobbiamo fare con sei bottiglie?
- Mica ce lo dobbiamo finire! Pensa però che tristezza se dovessimo restare senza… e poi possiamo sempre socializzare, non credi?
- No, non credo, non andiamo nella tundra o nel deserto del Gobi! Siamo diretti al mare dove probabilmente incontreremo semplici famiglie e non di certo Charles Bukowski in piena attività; tutto questo vino può solo crearci dei guai.
Partimmo: io un po’ imbronciata, Alberto incuriosito dalla mia sparata e Diego ansioso di riscattarsi.
Man, mano che ci avvicinavamo alla costa, il tempo migliorava. Tra le nubi ovattate si aprivano ampi spicchi di cielo blu mentre il vento prometteva il sereno. Mi lasciai invadere dall’allegria del canto e insieme intonammo vecchie canzoni stonando, strapazzandone i testi, storpiando parole per mantenere una rima o un accordo.
Le dune di Sabaudia ci accolsero inermi, spazzate da folate stizzose che alzavano la sabbia e allora non restò che ripiegare appena all’interno, sui prati ancora umidi di pioggia.
Una corsa, due calci al pallone, giocare a ruba bandiera e ridere ancora felici. Mangiare fu un rito e Diego il gran sacerdote. Metodico fino alla pignoleria, affrontò le vettovaglie con gusto assaggiando e riprovando quanto avevo portato.
- Buono, ottimo, brava…
Il suo entusiasmo era evidente; alternò coscienziosamente cibo e vino fino a non poterne più. Dopo il caffè non si accese nemmeno la sigaretta di rito (forse sarebbe esploso?) si accasciò a terra dichiarando che aveva un momento d’abbiocco, che voleva chiudere gli occhi solo un attimo, che aveva un lieve calo d’attenzione.
Sprofondò in un sonno pesante lasciandomi attonita ancora una volta, non avevo di certo fortuna con gli uomini io!
A nulla valsero le grida e le urla di Alberto che, lì vicino, giocava ad indiani e cowboy. Diego russava soddisfatto, atterrato da un bicchiere di vino e una coscia di pollo di troppo: l’ennesimo omicidio a Pasquetta.