Con il gel nei capelli - Patrizia Marchesini
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Postato da: zaphod
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Dedicato a B. e a suo figlio F.
Sei così bello. Giacca e cravatta ti donano. Però sembri diverso. Troppo serio. Mi aspetto di vederti sorridere da un momento all’altro o addirittura di sentirti scoppiare in una delle tue risate, capaci di contaminare d’allegria tutta la stanza.
Un po’ cupa, quella giacca. Forse era meglio l’abito blu, invece di quello grigio.
Nell’altra stanza c’è brusio. Stanno arrivando tutti. Sento la voce di zia Dafne. Chissà cosa si è messa. Di sicuro uno di quei suoi vestiti informi e scuri. E il suo solito filo di perle. Non l’hai mai sopportata. Quando eri piccolo ti sbaciucchiava in continuazione ogni volta che veniva a casa nostra. Esibivi un’aria da martire, poi correvi a nasconderti dietro il divano e sfregavi la pelle, schifato, per tirare via il segno del rossetto dalla guancia.
Rassegnati, vorrà baciarti pure oggi. Anzi, ti verrà incontro con gli occhi lucidi e un fazzolettino puzzolente di lavanda in mano.
Be’, forse piangerò anch’io. Lo so, lo so, te l’ho promesso: niente lacrime. Ma la mamma è la mamma.
Eccola, zia Dafne. Avanza fra i presenti, li schiva come un pipistrello elude gli ostacoli al crepuscolo. Ti arriva vicino, ti bacia. Questa volta è lei a toglierti il rossetto dalla guancia. Tu lasci fare.
“Com’è bello, il nostro bambino…” mi sussurra, la voce umida. Il nostro bambino? A parte che hai ventisei anni, al massimo sei il mio bambino. Arriva tuo padre e la pilota verso un gruppo di parenti. Ma ha ragione: sei bellissimo, anche con l’abito grigio. Facevi perdere la testa a un sacco di ragazze, poi è arrivata lei: ti ha guardato negli occhi un attimo solo e per le altre non c’è stato niente da fare.
Sei suo, ormai.
Stai lì, in mezzo ai tuoi amici. Sembrano diversi anche loro, oggi. Più grandi, a parte Nicola, con la sua faccia da schiaffi. Ricordi quando andavate in giro a suonare i campanelli e scappavate via? Arrivavate tutti e due sudati marci nei pomeriggi d’estate e tu imploravi: “Mamma, ci prepari un frappé?”
E mentre tritavo il ghiaccio e prendevo il latte fuori dal frigo domandavo: “Che avete combinato, di bello?”
Tu rispondevi: “Niente, le solite cose.”
Poi partiva uno sghignazzo complice e io sapevo che avevate fatto gli scemi come sempre. Avevate undici o dodici anni, non di più. Perché a tredici anni avete scoperto le ragazze e i campanelli a quel punto vennero ignorati.
Nicola ha un foglietto nella tasca. Non dovrei saperlo, è una sorpresa: più tardi leggerà un discorso da parte dei tuoi amici. Forse sarai un po’ imbarazzato, ma che vuoi farci? In un giorno così devi aspettartela, una cosa del genere.
Manca l’aria, qui dentro. Tuo padre poco fa mi ha detto che hai troppo gel, sui capelli. Gli ho risposto “Lascia stare.”Hai presente quando ti sei rapato a zero?E la nostra faccia quando sette anni fa sei arrivato a casa con i capelli blu? Avevi fatto una scommessa con gli amici, non speravi di essere promosso alla maturità. Invece. Tuo padre all’inizio era furioso, brontolò per giorni e giorni, poi gli passò. Iniziò perfino a scherzarci sopra: “Magari il giorno del tuo matrimonio ti presenterai con i capelli arancioni.”
Tu inorridivi. “Sposarmi? Io?” Correvi ad abbracciarmi e mi facevi piroettare, matto come al solito. “Sto troppo bene, con voi. Lei dovrà essere una tipa davvero speciale, per portami via da qui.”
Se qualcuno aprisse le finestre. Non si respira.
“Signora?”
Mi sento la faccia in fiamme, eppure ho freddo.
“Signora? Mi scusi…”
Forse dovrei sedermi un momento.
“… ma non possiamo aspettare ancora.”
“Ok.” Ti guardo. Stai così bene, con il gel nei capelli. “Potete chiudere la bara.”