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TrentaNove - Fabio Mundadori

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Postato da: zaphod

Devo cambiarla.

Sì, quando cominci a riprodurre mentalmente il brano successivo nella playlist sulla coda di quello che stai ascoltando significa che è arrivato decisamente il momento di cambiarla. Fuori dal finestrino profili di alberi spogli e muri di case coloniche si alternano confusamente in rapida successione contro la linea piatta dell’ orizzonte e il paesaggio visto dal treno è un  videoclip con tempi e velocità dall’ unico inconsapevole regista: il macchinista.

Questo è lo stesso interregionale che ogni giorno mi permette di percorrere una parte dei troppi chilometri che separano il mio piccolo paese in riva al lago dal luogo dove lavoro. Il mio lavoro è scrivere software e non che sia in fondo molto diverso dallo scrivere una storia; ci sono oggetti, ambienti, persino un linguaggio e alla fine il risultato, come un racconto, è qualcosa che sembra vivere di vita propria. Ma quel qualcosa almeno, a differenza di me, una vita ce l’ ha.

Lavorare per vivere, quante volte me l’ hanno detto, quante volte me lo sono detto cercando la motivazione per continuare a resistere, per continuare ogni giorno a percorrere quasi 200 km, a passare più di 6 ore sballottato da treni e mezzi pubblici.

Tutto per poter lavorare con questo contratto a progetto, e quindi vivere, anche se, per come la vedo io, la vita è il tempo che dedichiamo a noi stessi, alle nostre passioni, ai nostri desideri.

E in quest’ ottica io vivo davvero poco.

Quanto poco?

La mattina mi sveglio alle 5, così ho 55 minuti per preparami e 19 minuti per raggiungere la stazione; a piedi o in autobus fa poca differenza, il primo treno parte alle 6 e 14.

Dopo 1 ora abbondante ecco la prima stazione. Se il treno è puntuale ho esattamente mezz’ ora per attraversare la città in metropolitana e sedermi su un secondo treno che in un’ altra ora mi depositerà alla stazione ferroviaria della cittadina dove si trova l’azienda per la quale lavoro,da qui mi aspettano ancora 2 Km da percorrere a piedi o scroccando un passaggio. Quando mi siedo alla scrivania sono circa le 9 e ho già speso le prime 4 ore della mia giornata tipo. La vita d’ ufficio si ingoia altre 9 ore al termine delle quali ricomincia il percorso che mi porta a varcare la soglia di casa 17 ore dopo averla lasciata. Il tempo di cucinare qualcosa e cenare davanti alla TV e poi a letto perché le 5 del giorno dopo arrivano tra pochissimo.

Queste sono le mie giornate. Se sommiamo tutto il tempo che non è occupato dal lavoro o da attività ad esso legate e dividiamo il totale per i giorni lavorativi di un mese otteniamo a quanto ammonta la mia vita media giornaliera.

39 minuti.

Ogni 24 ore.

Ma non oggi.

Oggi è il mio compleanno ed ho deciso che non si lavora. Oggi il regalo sarà vivere, dedicare a me stesso ogni minuto, ogni emozione.

Si comincia con il mio hobby segreto il paracadutismo, la via di fuga di molti dei miei fine settimana,

Si comincia con un lancio da 10000 metri!

Fico!

Il treno finalmente arriva a destinazione, fuori dalla stazione c’è Daniele che mi aspetta, lui a differenza di me oggi lavora, gestisce una scuola di paracadutismo e per lungo tempo è stato il mio istruttore. Ho imparato tutto da lui. Come piegare il paracadute, come lanciarmi e rallentare la caduta libera sfruttando le correnti ascensionali o come accelerarla, quando aprire il paracadute e come toccare il suolo. Quando qualcuno ti insegna così bene come vivere al meglio la tua passione è inevitabile che diventi tuo amico.

Una pacca reciproca sulla spalla seguita da saluto rapido e saliamo in auto.

Il grosso SUV di Daniele si muove con inaspettata agilità tra il traffico e in breve tempo arriviamo  al campo di volo dove mi attende l’ aereo già pronto.

Un cartello mi ricorda che si paga prima di effettuare il lancio, una regola che ha più che altro una valenza scaramantica anche se è innegabile come tenga conto di implicazioni di tipo “economico”. Comunque sia io faccio parte della cerchia ristretta degli amici e godo di qualche piccolo privilegio tra i quali pagare quando mi è possibile. Passo oltre.

Pochi minuti per i preparativi e sono sull’ aereo che sta salendo in quota. Il piccolo velivolo sobbalza ad ogni minima turbolenza ed io mi perdo nella zoomata senza fine alla quale assomiglia il paesaggio sottostante guardato dall’ oblò.

La playlist ricomincia daccapo ed arriva il cenno che aspetto. Ci siamo. Il portellone si apre, oggi mi lancio da solo Daniele non è in forma, leggo un - Buon compleanno, ci vediamo giù - dal suo labiale, sorrido, alzo il pollice destro e salto.

La giornata è splendida, mi godo la discesa in caduta libera mentre l’ adrenalina si stempera gradualmente nell’ “Oh Fortuna!” di Karl Orff che il lettore mp3 mi riversa nelle orecchie. Salgo e ridiscendo il cielo scivolando sui crinali delle correnti ascensionali. Se questo è vivere, cosa è il susseguirsi di treni, coincidenze, orari da rispettare di ogni giorno? Decido che la risposta non è importante. Poi la velocità comincia ad aumentare, do’ uno sguardo all’ altimetro, tra poco sarò costretto a smetterla di fare il super qualcuno e il pezzo di stoffa ripiegato nello zaino che ho appeso alla schiena dovrà fare il suo dovere, prima però mi godo ancora un minuto di “Jump” di Van Halen perché merita.

Minuto passato, tre, due, afferro la maniglia e tiro. L’ apertura del paracadute mi lascia sempre un po’ come un libro che finisce male, è uno strattone che ti riporta bruscamente alla realtà. Che questa volta però non arriva.

Non ci metto molto a realizzare che non sta andando tutto esattamente per il verso giusto: il paracadute non si è aperto. Devo solo aspettare che il meccanismo automatico faccia aprire quello di emergenza, se va male mi rompo una caviglia, forse tutte e due.

Niente da fare. L’ ultimo mp3 della mia vita è un valzer di Strauss, quello della stazione orbitante che ruota  attorno alla Terra in “2001 Odissea nello Spazio”,  in effetti la canzone che si addice di più al momento nella playlist non c’è ricordo che in un punto del testo recita più o meno così “…quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro cioè vivere…” ma il titolo proprio non mi viene in mente.

Sotto di me vedo piccoli batuffoli verdi ritornare alberi, poi i miei occhi smettono di vedere.

 

“Veniamo ora all’ incidente mortale che questa mattina al campo di volo ha visto vittima un giovane proprio nel giorno del suo compleanno. L’ uomo stava effettuando un lancio con il paracadute ma per cause ancora in via di accertamento quest’ ultimo non si è aperto. Particolarmente lunga la durata della caduta libera che secondo quanto stabilito dai primi rilievi si sarebbe protratta per molti minuti.

39”

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