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Cooo… me? - Luca Saraceno

Categoria: ...Altro
Postato da: zaphod

Vieni amore, vieni.

Non aver paura delle mie braccia.

Non ti faranno del male.

Stanne certa.

Come potrei, come…

….

 

Coo…ome diavolo si chiamava?!

Amir. No. Abdel?…mmhmm…

Con quel suo accento arabo-de-nojantri. Una-sigaretta-dopo-un-bicchierozzo-di-vino-dopo-du-tiri-de-canna-dopo-un-goccetto-di-grappa-dopo-una-sigaretta…e così via iterando.

Non ricordo.

Nel chiacchericcio isotropo e stazionario dei 5-metriquadrati-5 ovvero 100-metricubi-100 di fumo alias ristorante, più non ricordo le grida del plastico “VIETATO FUMARE” crocefisso sulla parete giallina alla mia sinistra: se stesse disperatamente invocando un qualsivoglia  colpo di grazia ovvero continuasse inascoltato a ripetere a destra e manca qualcosa del tipo: “Aò! Cché me stai a’ pijà per culo? Aò! Cché me stai a cojonà? Aò! …”.

Ricordo.

Lui, barcollare sapientemente tra i tavoli: un attimo prima sussurrare ad alta voce nel tuo orecchio un innocente “ammore mio, quanto-ssei-bela” per poi fissare qualcuno o qualcosa di assolutamente inesistente dalle parti della cucina ed urlare parole a noi incomprensibili anche da sobri, frasi che si sarebbero trasmutate di lì a poco in altro cous-cous, altro felafel, in altro vino rosso.

Ma non è stato il vino, giurammo e spergiurammo in seguito più volte.

Ricordo. La tua bocca.

Non fu colpa del vino rosso di Muhammad-ammorebelo-Mustafa se quella notte i nostri cappotti presero il colore dei muri di Testaccio. “Tranquilli, l’accompagno io. Nessun disturbo. E’ di strada per me”. Trecento metri, centimetro più millimetro meno, tra gli odori speziati del locale e quelli un po’ meno ricercati della mia Panda. Un’ora e mezzo ci abbiamo impiegato. Minchia quanto ci siamo baciati.

Era la seconda volta che ci vedevamo in una settimana. La terza in tutta la nostra precedente vita.

 

… .

Vieni amore. Vieni.

Non aver paura delle mie carezze.

Non ti faranno del male.

Stanne certa.

Come potrei, come…

….

 

“Coo…ome la chiamiamo?”

Eccole. Le uniche parole concesse dal mio ebetismo fulminante alla tua epifania di maternità.

Ricordo. I tuoi occhi.

Sei mesi e spicci dalla Notte dei Cappotti Intonacati. Sei settimane, il tempo sufficiente per refertare quella sensazione che avrebbe cambiato la nostra vita, per sempre. Sei decimi di secondo, per sorridere a quell’irrazionale certezza che sarebbe stata femmina.

Non ricordo. Se piansi.

Il silenzio “feriale” del lago di Martignano inghiottiva i tuoi discorsi sempre più infarciti di responsabilità, casa, carriera, convivenza, realizzazione, indipendenza...SPLASH!SPLASH!!

Aòò! Ma cche sei cretino! Ma allora sei proprio un deficiente! Viè qua viè!! SBAM! E mentre un’enorme mano si abbatteva sulla faccia contrita del bambino reo di essersi nuovamente bagnato dopo l’ennesimo “bastaaa” urlato praticamente a tutta la spiaggia dal burino-padre, ecco che io mi perdevo già in futuri pensieri pedagogo-maneschi...

Non ricordo.

Se così assorto avessi dato il giusto peso al nervosismo delle tue mani o il giusto sapore alle tue lacrime incerte. Forse no, ma tu eri bellissima e io non potevo amare che te.

 

….

Vieni amore. Vieni.

Non aver paura dei miei baci.

Non ti faranno del male.

Stanne certa.

Come potrei, come…

.

 

“Coo…ome?! Ma che vuol dire tutto ciò. Io proprio non capisco…”

E come potevo mai comprendere quelle frasi scolpite su macigni che adesso rimbalzavano come palle di gomma sulla mia anima supina.

“Lei deve capire” “Non è poi così raro che accada”.

Bublle bubble. Io dentro lo scafandro e un pesce in camice bianco davanti a me che lentamente muove una bocca afona alle mie orecchie. Bubble bubble.

“Baby blues: sì, certo” “Depressione post-partum: non solo” “Occorre aver pazienza in questi casi” “Mi creda, un po’ di distacco non può che far bene ad entrambi. Mi creda. Solo un poco”.

Non ricordo. Se urlai.

Due mesi dall’ultima volta che avevo tenuto in braccio i cinque chilogrammi più leggeri della mia vita: si erano persino addormentati al suono della mia voce stonata. Adesso invece le mani reggevano soltanto  una testa piena di ricordi e di paure, dove un presente di debolezza cancellava in un istante un futuro mai nato.

Ricordo.

L’impotenza dei miei sentimenti. L’impossibilità di essere semplicemente un padre.

 

.

Vieni amore mio. Vieni.

Papà non ti lascerà mai, piccola mia.

Stanne certa. Mai più.

Come potrei. Come…

.

 

Coo…ome?!

Mmm…mm! Mmm…mma!Mmamm…mma!! Hai detto mamma!!

Amore mio…amore mio, la mamma torna presto, non temere.

Comesseibela-Hadouch la riporterà da noi.

Prima o poi lui la riporterà…

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