Il mio amico Salvatore - Stefano Carbini
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Postato da: zaphod
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- E questa? - chiesi, estraendo la foto in bianco e nero dal mucchio che io stesso avevo sparso con noncuranza sul piano della sua scrivania.
Quella era una di quelle giornate che non avevo un bel niente da fare; così dopo aver fatto colazione al bar, letto il giornale e vagato tra i banchi del mercato del mercoledì, avevo pensato di venire a trovare il mio amico Salvatore.
Sapevo che l’avrei trovato nel suo ufficio: quello era un periodo di stanca anche per lui. Si vede che con la crisi la gente le corna se le tiene e basta, non va a dare i soldi a uno come Salvatore, investigatore privato, proveniente dai corpi speciali della Polizia di Stato.
Che Salvatore in polizia ci fosse stato solo tre anni, passati quasi tutti al centralino, in paese credo non lo sapesse nessuno. Io, comunque, quando era tornato e aveva aperto la sua agenzia investigativa l’avevo preso per matto. Figurarsi se in paesino come questo, dove la cronaca locale la potevi leggere sui muri delle case, avrebbe trovato dei clienti.
E invece mi sbagliavo.
- Allora, che mi dici di questa foto? - lo incalzai sventolandogliela sotto il naso.
Salvatore, che stava navigando su internet, alzò gli occhi dallo schermo del portatile, mise a fuoco la foto e disse: - Ah, quella - e riabbassò lo sguardo.
Beh, tutto lì?
Salvatore non si era mai fatto pregare per raccontarmi le sue indagini in tutti i particolari, anzi. Non so come avrebbe fatto senza qualcuno con cui confidarsi, perché nonostante il lavoro che si era scelto, la riservatezza non era proprio nella sua natura.
E di me si poteva fidare. Io lo ascoltavo discreto, lo incoraggiavo, gli facevo le domande giuste che lo aiutavano a focalizzare i dettagli, e raccoglievo materiale. Sì, ci avrei scritto un libro con quelle storie, ormai ne ero sicuro; ma Salvatore poteva stare tranquillo, non lo avrei sputtanato. A meno che l’editore…
Invece di insistere con altre domande, lo lasciai navigare e osservai meglio la fotografia, che non sembrava una delle solite che Salvatore si faceva pagare a peso d’oro dai clienti. Mi aveva incuriosito, così volevo provare a scoprire da solo cosa ci fosse sotto.
Intanto la foto era in bianco e nero, e già questo era un bel po’ strano. Che fosse una vecchia foto? Avevo dato per scontato che l’avesse scattata lui durante uno dei suoi pedinamenti, ma allora perché stamparla in bianco e nero? La foto ritraeva una donna di spalle, con l’ombrello, che si allontanava da un locale aperto sulla strada dove diverse persone, compreso il fotografo, attendevano che spiovesse. Non riconoscevo né il posto né le persone ritratte. Forse era stata fatta giù in città. Ma chi poteva scattare una foto come quella senza un motivo preciso? Non riuscivo ad immaginarlo.
- Mi arrendo. Su, racconta.
Salvatore aveva un ghigno divertito sul suo viso: sapeva che da solo non sarei riuscito a tirare fuori un ragno dal buco.
- Non so come c’è finita quella foto là in mezzo - disse alla fine. - Non è mia, é dell’editore.
- Editore? - mi sentii gelare.
- Me l’ha mandata perché pensano di utilizzarla per la copertina del mio libro.
Solo i miei occhi spalancati gli fecero eco.
- Mi sono lanciato. Mi dispiace, Sergio, ma non mi bastavi più, non potevo raccontare solo a te quelle storie. Mi venivano così bene, ammettilo. Certo, un po’ è anche merito tuo.
- Ma che, manco erano vere?
Il sorriso che gli illuminò il viso era disarmante. Mi aveva bruciato, che ci facevo adesso con tutti quegli appunti?
Almeno questa, di storia, qualcuno me la pubblicherà mai?