Il tempo là dentro s’era fermato - Marcello De Santis
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Postato da: zaphod
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Era entrata per cercarvi suo marito?
E ne aveva chiesto notizie una volta dentro?
Dagli sguardi interrogativi (o semplicemente curiosi?) dei tre/quattro signori che vi aveva trovato, si direbbe di sì.
C’era un’altra donna, seduta su una panca di legno, fredda e screpolata, subito dietro il vetro della porta aperta. Aveva appena smesso di piangere, adesso s’era calmata un po’, e aspettava che arrivasse anche sua sorella, a farle una desolata triste compagnia.
Il giorno era ancora lungo, e il luogo tristo avrebbe chiuso solo alle cinque del pomeriggio. Quasi all’imbrunire.
E come se non bastasse ci si era messo pure il tempo cattivo.
La donna si dirigeva verso la pensilina che sta al di là della strada, il cui umidore per la pioggia caduta rifletteva la sua tozza figura.
I capelli neri sciolti alle spalle, s’avanzava decisa con chissà che pensieri nella mente. Però era un poco più speranzosa: là non c’era. E dunque…
Che risposta aveva avuta dall’impiegato (impiegato! meglio “addetto”, sì molto meglio!)?
Fatto sta che l’espressione sul viso adesso torvo, e gonfio per lacrime versate prima, denotava chiaramente preoccupazione e lieve sollievo.
Aveva attirato l’attenzione dei signori che stazionavano all’interno.
Quello stempiato e con gli occhiali e con un giaccone stazzonato, stava lì da due ore o poco più, le mani in tasca; e tanto per fare qualcosa, appena ella era uscita, s’era messo a seguirla con lo sguardo mesto, come si addice all’ambiente, come a dire povera donna, quando deve soffrire! oppure: povera donna, quanto deve aver sofferto!
Eh sì, l’aveva guardata bene in viso; e quel rigo di rimmel che s’era messa a casa, a coprire chissà quale tormento, s’era sciolto da una parte, e lei non se n’era accorta, e le aveva fatto una riga nera sulla gota destra, scivolando a fianco della bocca che aveva appena un poco di rossetto (ma si vedeva subito che non era avvezza, al rossetto!).
L’altro, quello col cappotto nero (messo forse per la disgraziata circostanza) ne aveva seguito l’esempio e la guardava, mentre di spalle attraversava la via.
Al contrario, il giovane che stazionava fuori dei vetri proprio sulla soglia, sfidava il maltempo e l’aria torbida, standosene in maniche di camicia. Era l’unico che non la seguisse con lo sguardo; che era diretto invece verso laggiù, alla fine della strada, dove s’immaginava una curva da dove sarebbe spuntata tra poco la circolare rossa; e si sarebbe fermata proprio là davanti, da vanti alla pensilina.
E quella donna, sarebbe salita sul mezzo urbano, o se ne sarebbe andata via a piedi?
Non se lo chiedeva proprio; ché forse era stato l’unico a non assistere al breve colloquio (una domanda: c’è per caso un uomo sulla cinquantina, un po’ calvo? e la risposta secca: no, signora, nessuno che risponda a questa descrizione.
Forse c’era stato anche un: grazie!
O forse no! Forse ella s’era limitata a uno sguardo in giro.
Era stato tutto il tempo a seguire il breve e rado traffico e l’acquazzone che poco prima era scoppiato improvviso.
La signora o signorina seduta sulla panca adesso si teneva le mani sulla faccia e forse aveva ripreso a piangere.
Il tempo là dentro s’era fermato.
Pareva non volesse più riprendere il suo corso.
Ma le tre salme (due uomini e una donna) ordinate nelle bare, poste sui catafalchi, di tutto questo non s’interessavano.
La donna s’allontanava; sotto una pioggia trasparente; quasi insignificante; s’allontanava verso il suo destino, che forse neppure lei conosceva.
Con tutto il suo dolore.