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Aldo Ardetti - La terra profanata

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Postato da: zaphod

Si sentì come Giovanni nel deserto ma deserto non era: due eserciti opposti si fronteggiavano in maniera improvvisata e disordinata l’uno, in perfetto ordine - quasi a testuggine romana - l’altro.
Una cascata di urla entrava nel cervello come il boato di Gerico distrutta. Implorare non serviva: la sua voce era invisibile nell’apocalisse sonora. La sua presenza si materializzava per l’oggetto che accompagnava le sue rimostranze, quel Crocefisso che dal petto veniva alzato al cielo da un braccio stanco, ad aumentare il volume di una voce che sfinita soffocava tra le lacrime: se non avessero rispettato il suo corpo nonostante l’età, il Figlio di Dio avrebbe fatto riflettere gli uomini.
Chiamò in causa tutte le forze della Natura, tutti gli spiriti delle vittime della montagna; si appellò a tutte le religioni in un crescendo di implorazioni creando un miscuglio di Credo.
Nei valligiani e montanari gonfiava la furia; allora si avvicinò agli uomini fermi e ordinati, vestiti nello stesso modo, per cercare un dialogo e avere risposte alle sue domande. Nessuno esaudì la sua esigenza - pur roteando gli occhi verso di lei – quando, dalle retrovie, si fece largo e le si pose davanti quello che sembrava il più alto. Doveva essere il capo.
“Signora, la prego torni a casa. Questa non è una bella situazione per lei!”
“Qui si vuole profanare la montagna, ferire la terra. Non vogliamo che si deturpi il nostro territorio già avvelenato da chilometri di catrame.”
Al militare, che per l’apparente età poteva essere suo figlio, non era consentito fermarsi a conversare con i cittadini in una operazione del genere. Avrebbe voluto informare e convincere l’anziana donna dell’importanza di certe decisioni, dei pro e contro delle opere pubbliche - di quella grandiosa opera pubblica - ma, impegnato a mantenere l’ordine e dovendo mantenersi vigile per un eventuale ordine di intervento, volle terminare con una stringata ma sufficiente spiegazione:
“Anche i piccoli paesi sono stati raggiunti dall’elettricità, dal telefono e, molti, anche dal gas metano. Il problema è che vogliamo tutte le comodità ma non la tecnologia. Desideriamo una vita piacevole ma non accettiamo il progresso. Come è possibile? Anche la tecnologia deve essere trasportata.”

Si svegliò agitata tanto era verosimile lo sforzo, il dispendio di energie profuso nella REM.
“Allora è stato solo un sogno?” esclamò con un certo sollievo. Con movimenti lenti mise i piedi per terra. Si gettò addosso la vestaglia e, per svegliarsi completamente, prima di approntare la colazione accese la tivvù proprio nel momento in cui veniva trasmessa una edizione speciale del tiggì.
Quando apparve l’immagine rimase a bocca aperta: nel servizio giornalistico rivide quanto aveva vissuto nel sogno. In una inquadratura successiva si rivide davanti a quei militi: in una mano aveva un bastone, un rosario e il Crocifisso, nell’altra un fazzoletto per quelle lacrime che erano il segno della sconfitta. La terra sarebbe stata profanata, ferita, violata.

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