Stefano Carbini - Res publica
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Postato da: zaphod
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Marco rabbrividì nell’aria fredda e umida: da troppo tempo stavano lì fermi, nascosti dagli alberi ai margini della radura. Avevano lasciato il campo all’alba e marciato in salita lungo uno stretto sentiero fino a giungere su quel tratto pianeggiante, disponendosi man mano su più file.
Dal villaggio oltre la distesa d’erba provenivano i rumori di una normale giornata di lavoro, con le grida dei bambini più piccoli già in strada a giocare.
Quando l’ordine di muoversi si diffuse lungo le fila passando di bocca in bocca, Marco sollevò lo scudo, grande, rettangolare e ricurvo, di legno pesante, quasi senza sforzo. Un raggio di sole intrufolatosi tra le nubi e poi tra i rami ne colpì la superficie e, per un attimo, le saette di bronzo risplendettero animandosi come folgori vere.
La prima fila si mosse; Marco strinse forte l’asta del giavellotto, la mascella contratta per la tensione, e la seguì. Poche interminabili ore e del villaggio barbaro sarebbero rimaste solo rovine, per la sicurezza della Repubblica e la gloria di Roma.
- Marco! Marcoooo! Ma che fai, dormi? Tira su quell’affare!
Marco si scosse e automaticamente tirò su il braccio sollevando lo scudo, grande, rettangolare e ricurvo, di plastica trasparente, fin davanti agli occhi, mentre il collega di fianco lo scrutava sospettoso.
Un ordine e il reparto di carabinieri in tenuta nera antisommossa si compattò, scudo contro scudo, schiacciandoli; dopodiché tutti insieme presero a spostarsi di lato e poi in avanti come un’onda di petrolio che sta per abbattersi, lenta e pesante, su una spiaggia incontaminata.
Il senso di già visto che lo aveva preso svanì e Marco reagì stringendo forte l’impugnatura dello sfollagente e guardandosi intorno nervoso, pronto a opporsi a qualsiasi minaccia.
Ma stavolta che minaccia poteva mai costituire quella folla lì davanti?
Dalla prima fila poteva vedere bene le persone radunate nella spianata. Saranno state sì e no un centinaio, quasi tutte anziane, raccolte nei paesini delle valli lì intorno e portate lassù a protestare; tre pullman in tutto.
C’erano curiosi, fotografi e giornalisti ad assistere alla singolare protesta di quella gente di montagna, anziana, spaventata e allo stesso tempo determinata.
La decisione del governo di chiudere i piccoli, antieconomici, cimiteri dei tanti paesini sparsi perlopiù là tra i monti li aveva fatti sentire defraudati di ciò che mai avrebbero creduto potesse essere loro tolto, tanto da spingerli in piazza.
Guardandoli, Marco si chiese se anche i suoi nonni fossero in piazza a piangere e protestare, però non riuscì a chiedersi cosa ci facesse lui lì. Lui che come suo padre, e via indietro nel tempo, fino a perdersi in un limpido déjà vu, tutti erano sempre stati braccio di qualcun altro.
Una voce perentoria gonfiò l’onda di catrame, la spinse in avanti e lasciò che si abbattesse sulla ghiaia del piazzale spargendosi tra la gente. Si alzarono grida acute e ci sarebbe stato un fuggi fuggi generale se l’età media fosse stata un’altra; invece la reazione fu diversa e inaspettata. Decine di anziani alzarono le braccia rinsecchite e poi le calarono, armate dei loro bastoni, sulle figure nere, prive di forza, ma cariche del disprezzo che solo i vecchi sanno esprimere.
Marco riuscì a parare i colpi di una vecchietta colma di rosari che gli ricordava sua nonna e non sapendo come reagire, ripiegò insieme a tutto il reparto.
Quella spianata assisteva di nuovo a una sconfitta e una vittoria, e forse, stavolta, veramente a difesa della res publica.