Mario Orlandi - Santo subito
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Postato da: zaphod
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Ci si erano trovati per caso. Erano appena usciti dalla bottega equa e solidale e – svoltato l’angolo – avevano trovato Piazza Santa Maria Goretti stracolma di gente.
“…riscoprire i valori della terra e del territorio…” urla la donna dal palco, mentre la folla esplode in un lungo applauso.
Ivan – che la politica la segue solo di riflesso, tramite i commenti di Daniela – si guarda intorno, stordito dall’entusiasmo delle persone che tengono alte le bandiere e si sbracciano verso il palco.
“Hai visto che abbiamo fatto bene a venire?” fa Daniela, prendendolo sotto braccio. Lui si divincola, per raggrupparsi i capelli in una coda. Lei abbozza un broncio, anche se timido.
“Se c’è tuo padre lo sai che gli da fastidio vedermi con i capelli sciolti, no?” e le stampa un bacio sulla guancia.
Daniela sorride e lo prende per mano. Si avvicinano al palco, facendosi largo tra le persone.
“Ma perché tutte quelle croci sul palco?” chiede Ivan, “non è una manifestazione del Partito Democratico?”
“Non si chiamano più così, sciocco,” lo riprende Daniela con occhi di sopportazione, “adesso sono i Democratici Fedeli.”
“…perché tutti gli uomini sono uguali,“ riprende la voce dal palco, “davanti al Signore. Tutti siamo figli di Dio…”
All’improvviso, sulla destra del corteo, subito dopo l’aiuola alberata, a ridosso della recinzione della casa occupata – quella che una volta si chiamava Casa Pound e che invece oggi viene chiamata Regno di Dio –, viene innalzato uno striscione. “Tutti figli di Dio tranne il Grande Satana”. Firmato Rif. Ap..
Ivan cerca di capire cosa succede, Daniela ha il volto serio e continua a ripetere: “Papà” mentre fruga con lo sguardo tra la folla.
Iniziano gli schiamazzi, le urla, i cori di scherno. Provengono dai militanti di Rifondazione Apostolica che avanzano verso il palco minacciosi. Il servizio d’ordine dei Democratici Fedeli cerca di frapporsi, ma l’onda d’urto è troppo potente. Daniela rimane immobile. La signora anziana che arringava la folla dal palco, dopo qualche minuto di silenzio, riprende il comizio.
“Non abbiamo paura dei falsi discepoli del Signore. Il mondo che stiamo costruendo è di ogni figlio di Cristo. Nessun episodio di razzismo e di intolleranza…”
Intanto i manifestanti continuano a schiacciarsi sotto il palco, mentre quelli di Rifondazione Apostolica avanzano. Lo scoppio dei petardi è soffocato dai lacrimogeni sparati dalle forze dell’ordine. Daniela e Ivan riescono a infilarsi in una stradina laterale prima di essere accerchiati.
Piazza San Pietro non è mai stata così piena. Ivan suda dietro la bancarella mentre vende le ultime t-shirt alla gente che si accalca davanti al suo tavolino di plastica. “Te l’avevo detto che ne avrei dovute far stampare di più,” sussurra a Daniela che fa la spola tra lo stand con l’acqua e le file di pellegrini in coda per la cerimonia di proclamazione del Santo.
“Zitto tu,” ribatte lei, “che non credevi nemmeno che avremmo vinto le elezioni, io l’avevo sentito subito dall’energia che c’era in piazza quel giorno che i tempi sarebbero cambiati.”
Un boato la interrompe. Il pontefice fa il suo ingresso in piazza. La moltitudine ondeggia. Si fanno avanti le autorità – il segretario dei Democratici Fedeli, nuovo capo del governo italiano, e il Presidente della Repubblica – e si chinano a baciare l’anello. Inizia la cerimonia. Ivan indossa l’ultima maglietta rimastagli - quella con l’aureola che circonda l’effige del Santo col Basco - proprio mentre papa Benedetto XVI nomina santo Ernesto Che Guevara e la folla prorompe in un Osanna assordante.